“..your mama she don’t like me
‘cause play in the rock and roll band..”
Bruce Springsteen
Era il lontano (ahimè) 1982, quando acquistai il mio primo disco del Boss, Nebraska, del quale quest’anno si celebra il trentennale (e lo si celebra davvero…avvistati almeno un paio di libri sull’argomento..).
Un disco duro Nebraska, suoni scarni e testi che si potrebbero definire hard boiled style, ma con meno ironia. La canzone che dà il titolo all’album si ispira a un fatto di cronaca. Una scia di sangue con ben 19 omicidi che ha ispirato anche Terrence Malick per il suo primo film “La rabbia giovane” (titolo originale “Badlands” come la canzone del Boss..quando si dice l’intreccio…)
Ma sto divagando…non dei dischi di Springsteen volevo trattare bensì dei suoi concerti.
Di quelli che non ho visto. Quindi tutti tranne uno, quello che si è tenuto a Firenze, il 10 giugno scorso. È ben strano a pensarci e non riesco a trovare un motivo per questa lacuna. Anche perché in questi trent’anni ho consumato, da fan accanito, il Boss in tutte le sue pieghe. In particolare le tante registrazioni pirata di suoi memorabili concerti. Ne ricordo uno, soprattutto, per averlo “girato” nel piatto innumerevoli volte. Era la registrazione del concerto tenutosi a “Winterland” San Francisco nel 78. Devo averlo letteralmente consumato a forza di sentirlo, dato che a un certo punto non figurava più nella mia discoteca. Sparito.
C’è un pezzo, di quel triplo album live, che ricordo con piacere e un po’ di malinconia, s’intitola The Fever, canzone mai apparsa in album e spesso cantata dal boss insieme al suo amico e conterraneo Southside Johnny.
In quella versione si può apprezzare uno splendido botta e risposta fra il sax e l’organo. Protagonisti della spendida performance, Danny e Clarence. I due che oggi mancano, alla E street band e a tutti noi.
A maggior ragione dunque, conoscendo bene cosa può essere un concerto di Bruce, non si spiega perche per trent’anni ne sia stato alla larga .
Incredula anche la ragazza sconosciuta con cui ho colloquiato nel prato del Franchi. “Immagino questo non sia il suo primo concerto” ha azzardato. Immagino ..e perche…?.. Evidentemente i miei capelli grigi meritavano ben altra risposta. “Beh non ci crederai ma questo é il mio primo concerto …purtroppo…” ho risposto
Insostenibile anche il confronto con mio fratello, che con quello di Firenze ne ha visti 12. 12 a 1.
Temo di non poter vantare nemmeno il suo numero di fidanzate, ma sui concerti del Boss avrei dovuto aver la meglio io…
Tant’è. Meglio tardi che mai, ho deciso che questa sarebbe stata la volta buona. E poi potevo recuperare con mio figlio. Il suo primo concerto a tredici anni, era come riguadagnare il tempo da me perduto .
Acquistati per tempo i preziosi tagliandi, è rimasto solo il tempo dell’attesa, in verità lunga qualche mese. Nel percorrere il tragitto che ci separava dalla meta fiorentina, mentre le nuvole si facevano minacciose, con Andrea si azzardavano ipotesi di scaletta. “Speriamo non canti “Who stop the rain ?” ho buttato là, con enfasi scaramantica.
L’ha suonata invece, all’ennesimo e inatteso bis, sotto l’acqua, che ormai da quattro ore cadeva ininterrotta.
Nessuno ha fermato la pioggia la sera del 10 giugno al Franchi.
E niente e nessuno ha mai fermato né fermerà Bruce Springsteen, classe 1949 da Freehold New Jersey.
Lunga vita al Boss allora. E lunga vita a noi che lo amiamo. Perché si possa godere ancora, in futuro, di spettacoli così intensi,emozionanti, unici