Ogni volta che le istituzioni democratiche sono più in difficoltà c’è sempre qualcuno che si muove per cercare di indebolirle ulteriormente. Perchè uno Stato e una democrazia debole ad alcuni fanno gola. Chiunque sia la mente e la mano armata che sta dietro alla tragedia di Brindisi, credo che la cosa più importante da tenere presente sia questa. Non per alimentare complottismi o decuplicare il terrore e l’accesa indignazione che percorre in queste ore il paese, non per accendere nuovi fuochi in una situazione generale, sociale e politica, già da tempo oltremisura bollente, ma per riunirci tutti intorno a un’idea di unità e di valori comuni che è l’unica base possibile per evitare lo sfascio.
Non si può negare che l’episodio in cui ha perso la vita la giovane studentessa Melissa Bassi, a meno che non trovi una spiegazione in qualcosa di completamente avulso (ma sembra poco probabile), possa essere ricondotto in una logica anti-Stato, sia essa mafiosa, terroristica o “deviata”. Tutte cose già viste nel nostro paese nei decenni passati, anche se nessuno s’era mai sognato di andare a colpire i ragazzi (questa è una terribile “novità”).
Da studioso del caso Moro non posso dimenticare le piazze di quel 16 Marzo 1978, giorno del rapimento dello statista democristiano e dell’uccisione dei cinque agenti della sua scorta. Fu una grande mobilitazione di popolo, certo spinta dai partiti di massa di allora e dalle organizzazioni sindacali, ma che portò in ogni piazza d’Italia la voce popolare contro il terrorismo, dando un segnale forte e inequivocabile. Quel giorno, a mio avviso, fu sancita la sconfitta politica delle BR, anche se da lì alla sconfitta militare si sarebbero dovuti attendere molti altri (sanguinosi) anni.
Anche allora, nel 1978, ci furono voci diverse: chi inneggiava al ripristino della pena di morte, chi a soluzioni autoritarie. Furono minoranza, e tale rimasero.
Quando queste voci non riescono a prendere il sopravvento, credo che sia una vittoria della democrazia e una nuova base di partenza. La difesa di questi valori dovrà però passare anche da una forte e approfondita riflessione su quello che è la democrazia italiana adesso, la crisi economica e la condizione che vive il paese reale, quello che è diventato ormai il ruolo della politica e dei partiti. La nostra è una democrazia da rifondare, oltre che da difendere in questo momento in cui viene messa sotto attacco.
Scendere in piazza oggi è quindi giusto. Per questo invitiamo tutti coloro che ci leggono a dare un segnale in questo senso aderendo alle manifestazioni che stanno spontaneamente nascendo (ad esempio ad Arezzo, in Piazza Guido Monaco, stasera dalle 19)