Any given sunday. E invece no: non sarà la classica domenica di rito, quella dove si fa presto anche ad abituarsi alla partita programmata alle 12,30, col rischio che magari il pranzo vada anche di traverso. Oggi non si gioca, in nessun campo: da “San Siro” al “Comunale” di periferia, dai pulcini a chi boccheggia in terza categoria. In una nazione dove il calcio è tutto, quello di fermare il pallone la domenica è una delle decisioni che creano più polemiche in tutto lo Stivale, anche se la ragione è la morte scioccante di un giocatore di 26 anni.
Piermario Morosini si è accasciato in campo alla mezz’ora di Pescara-Livorno e la Figc, dopo almeno un paio d’ore dal decesso, ha ufficializzato lo stop di tutti i campionati. Appassionati e addetti ai lavori si sono già divisi tra i favorevoli alla sosta forzata e i contrari. Il motivo è comunque lo stesso: l’ipocrisia di una Federazione che si cosparge il capo di cenere e cerca di porre un paradossale rimedio a quanto all’apparenza è imponderabile. Di calcio si muore e non solo sugli spalti, si muore anche in campo.
Il diktat della Figc potrebbe prendere invece un senso sollevando il problema di controlli medici più serrati ai giocatori, meno leggerezza, più costanza; perchè se di infarto si è trattato, gli esperti assicurano che solo nel 10% dei casi il problema attacca chi non presenta fattori di rischio. Ciò significa che è sbagliato abbandonarsi al fatalismo nel restante 90% dei casi. E non è poco.
Dentro tutto questo, urge un appello ai media affinchè ci risparmino la retorica del “bravo ragazzo”, anche se Morosini lo era davvero, con alle spalle drammatiche esperienze di vita: orfano da anni, aveva perso un fratello disabile di recente e a carico aveva una sorella. Se possibile, il ricordo da “bravo ragazzo” rende più straziante l’accaduto, perchè solleva il calcio oltre il concetto di professione privilegiata, ma a rifugio e a soluzione ai problemi sociali, familiari, di abbandono.
La morte del giocatore del Livorno val bene una pausa forzata imposta dall’alto, ma se “ogni maledetta domenica” è un rito dalla linea costante, nel momento in cui la si tratteggia si riempiano almeno i vuoti con un’opportuna riflessione. Altrimenti sì, che lo stop della Figc resterebbe solo un’ipocrisia