Quando mi sono imbattuto sulla copertina di questo libro la prima reazione che ho avuto è stata “ancora un libro sui cani”… ( e mi sbagliavo.. non saranno mai troppi i libri sui cani.. o soll’olocausto.. o che parlano d’amore, ci sarà sempre un approccio imprevisto…) però conoscevo l’autore per alcuni suoi articoli sulla Stampa prima e sul Fatto quotidiano poi ricavando del mio concittadino – Andrea Scanzi è nato ad Arezzo il 6/05/1974 – una opinione decisamente positiva, anche se l’empatia verso di lui ha toccato vette sublimi quando ha messo in fuga Emilio Fede ad Annozero… insomma valeva la pena prendere in considerazione anche il libro.
Con Andrea condivido alcune passioni, dal tennis a Giorgio Gaber passando per il calcio, anche se qui i gusti si differenziano… io non avrei mai scritto un libro su Roberto Baggio, al quale preferisco decisamente Del Piero… sul divin codino vale ancora l’appellativo dell’Avvocato.. “coniglio bagnato”.. personalmente non l’ho mai amato, forse ricordandomi il rifiuto di calciare un rigore contro la Fiorentina… ma sto divagando.
Ho aperto con curiosità il libro imbattendomi immediatamente sulla citazione di De Andrè (il mio cantante preferito) “Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane, il mio è un po’ di tempo che si chiama libero…” … si, valeva la pena di leggere, e ancora una volta Scanzi non mi ha deluso, pennellando sapientemente citazioni di libri, film, dischi con la sua esperienza con due femmine di labrador, Tavira e Zara, esperienza vissuta proprio nella nostra vallata, tra Monsigliolo e La Fratta.
Parlare di cani a chi ne possiede uno, o meglio ne è posseduto (il mio è nato appena tre giorni prima di Zara…..) significa raccontare cose già vissute ma che a volte riscopri sopro leggendole, e poterle condividere, con le tante gioie e le paure, fino alla consapevole quasi certezza che dovremo sopravvivere alla sua morte dato che, come ricorda Scanzi citando Konrad Lorenz “quando Dio creò il mondo, deve aver avuto ragioni ben imperscrutabili per dare al cane una vita cinque volte più breve di quella del suo padrone”.
Lasciatevi prendere per mano da questo “compagno di merende” (La definizione è del grande, compianto Edmondo Berselli) e non ve ne pentirete.