Il bollettino meteo prevede tempo stabile, temperature nella media stagionale, sul fronte dell’economia si registra il segno meno. Anche a Natale contrazione delle vendite, diminuzione del turismo invernale, minore spese per cenoni e pranzi. Non bisognava essere bocconiani per capire che il trapasso dall’età dell’oro di Berlusconi, dove mandavano riflessi aurei anche le pietre del selciato, all’età del ferro di Monti , il cui animale totemico sembra essere la civetta, qualche problema l’avrebbe creato.
Ma riflettendoci sopra un “sano bagno di realismo” come qualcuno l’ha definito è proprio un male? Chi vuole approfondire l’argomento, prenda in mano il libro del Prof. Viglietti il Limite del Bisogno (antropologia economica di Roma antica). Parlando della Roma arcaica ci parla dei giorni nostri. I primi romani pensavano ai bisogni in rapporto a quello che avevano sotto mano, ottimizzavano quello che possedevano e dunque non ipotecavano il futuro. Contrapponevano quella che essi stessi definivano paupertas, che non vuol dire povertà ma stabilire un rapporto corretto con i beni, alla luxuria, che non è il nome di un ex parlamentare (sic?) ma l’uso smodato delle risorse per solo piacere. Qualcuno mi può giustamente dire e che c’azzecca tutto questo con le questioni di oggi? C’entra, perché tanti economisti, sociologi e religiosi invocano ormai uno stile più sobrio (che speriamo valga anche per loro) per uscire dal casino in cui ci siamo infilati. tradotto vuol dire stop ai consumi inutili, vuol dire meno usa e getta, vuol dire che questo nostro pianeta non è più in grado di reggere l’assalto di miliardi di venditori avidi e consumatori famelici. Masse insaziabili a cui ogni giorno si aggiungono milioni di cinesi, indiani, brasiliani, indonesiani che giustamente reclamano la loro fetta di torta. Ci attendono passaggi dolorosi ma inevitabili: dovremo tornare indietro quando lo sci e le settimane bianche erano appannaggio di pochi eletti, le cartoline dei luoghi esotici erano conservate come reliquie e il pranzo al ristorante serviva a ricordare i grandi eventi della vita, sono paradossi ma mica tanto. Tutto questo deve però avere una contropartita e cioè l’integrale applicazione dell’articolo 53 della nostra costituzione “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. In una situazione di paupertas non è più consentito che a pagare siano sempre i soliti, dentro questa categoria non ci metto solo i lavoratori a reddito fisso e i pensionati, ci inserisco anche i professionisti, gli artigiani i commercianti onesti che per colpa di altri sono costretti a versare al fisco quasi il 50% del proprio reddito, una vergogna. E con noi, gente aretina tutto questo cosa c’entra? Anche in questo caso c’azzecca, perché alla luce di quanto sta avvenendo anche i parametri del nostro sviluppo andranno rivisti, mi meraviglia che ancora non ci sia posti il problema e si continui a offrire soluzioni già vecchie in partenza, si tenta di stare a galla non di nuotare.
IL SANSEVERO