{rokbox title=| :: |}images/risorgimento1.jpg{/rokbox}Oggi è il 2 Giugno, e si festeggia quello del 1946 quando l’Italia visse quello che si potrebbe definire il suo secondo risorgimento, rialzandosi di nuovo dalle polveri di una guerra che l’aveva disastrata e scegliendo la strada della repubblica, democratica e “fondata sul lavoro”. Parlando di risorgimento mi viene in mente allora il primo, quello che tanto ho amato sin dai banchi delle elementari. Quello dei mitici Mazzini e Garibaldi, di Cavour e il nanerottolo Vittorio Emanuele II°, dei Mille, di Silvio Pellico, di Saffi e Armellini, di Manin, del tanto bistrattato inno di Mameli. Povero vecchio risorgimento, verrebbe da dire, se si pensa a come te lo presentavano un tempo e come te lo presentano adesso.
E soprattutto a come ancora, a 160 anni di distanza, si riesca a farne una questione di appartenenza politica rivendicando questa o quella eredità illustre.
Quando facevo le elementari la retorica regnava ancora sovrana. Il Risorgimento era qualcosa di mitico. Alla Carducci. Te la presentavano così: di colpo l’Italia s’era svegliata, il popolo tutto aveva preso coscienza di essere una nazione, e fra mille fatiche e sacrifici illustri eravamo riusciti a liberarci sfrattando lo straniero invasore. Come in un gotha c’erano loro: i padri della patria, quelle 4 o 5 persone che (pareva) d’amore e d’accordo si erano adoperati per costruire uno stato unitario. Che è cosa buona è giusta, ti diceva la maestra.
Poi, dopo le prime correzioni a cotanto splendore intraviste al liceo, arrivava l’università e la possibilità di studiare con un docente insigne come Ernesto Galli della Loggia mi apriva ad una visione pressochè opposta. Cominciavo a capire che non era stato tutto oro e anche se qualcosa aveva luccicato, tante erano state le ombre. E capivo che alla fine anche nel 1859 e dintorni i politici ragionavano più o meno come quelli di adesso, e gli eroi non erano del tutto senza macchia. Questa visione (o meglio revisione) del Risorgimento portava però, nella sua esasperazione semplicistica (non certo colpa di cotanto prof) a coprirlo con un telo nero, dimenticandosi di tutte le mitologie, demolendo tutto e tutti e gettando via il bambino con l’acqua sporca.
Oggi, con la Lega che se la prende con Garibaldi e dice di ispirarsi a Cattaneo (il primo federalista della storia) mi rendo conto che il Risorgimento ci sarebbe bisogno di ristudiarlo. Da zero, quasi. Di capirlo davvero. Di capire quanto sia stato davvero un movimento di popolo, come dicevano le mitologie, o la versione italiana della rivoluzione borghese, come sostenne Gramsci. E si farebbe bene a studiarlo e farlo studiare perchè si capirebbero tante cose, e si capirebbe anche l’Italia di adesso. Per questo, visto che è il 2 Giugno ma fra un anno ricorre il 150esimo dell’Unità d’Italia, mi permetto di suggerire ai nostri enti locali un impegno particolare in questo senso. Spero, nei prossimi mesi, che vi siano iniziative adeguate su questo tema. Non dimentichiamoci di questa pagina di storia. I moti, i plebisciti, le annessioni hanno lasciato una straordinaria serie di testimonianze. Negli archivi comunali c’è tanto, e non si tratta di banalità superflue. Perchè non raccoglierle tutte e farne un uso didattico, con mostre e convegni?