nella foto: albero trash made by Mamma
Passato questo ponte, commemorativo per alcuni, commerciale e vacanziero per altri, il Natale con annessi e connessi è dietro l’angolo.
A breve, sulla Piazza Instagram&co, spunteranno, come i funghi in autunno, alberi di Natale in netto anticipo sui tempi, felpe con renne e orsetti polari in tweed, Babbi Natale in ogni forma e raffigurazione.
Ieri al supermercato ho visto fare incetta di mini pandori e mini panettoni, neanche fossero stati dichiarati merce in via di estinzione. Non so perché, ma in questi momenti mi sovviene alla mente Blade Runner…
Quest’estate durante una registrazione in radio con 40 gradi all’ombra scelsi nella mia scaletta Last Christmas degli Wham e subito.. Tac.. atmosfera natalizia. Vedevamo, completamente sobri, le renne volare e la neve scendere. Da lì la discussione con i miei fidi e impavidi compagni di registrazione si è spostata sul fatto che negli ultimi anni il mood natalizio inizia sempre un po’ prima.
Vuoto culturale che ci fa rinchiudere in tappe prefissate per scandire la nostra vita o bisogno di calore e affetto che il Natale sembra regalare?
Da piccoli l’albero si faceva rigorosamente l’8 dicembre e si svestiva il 6 gennaio a Epifania conclusa. Il vero mood natalizio era concentrato in un tempo ristretto dove a scuola costruivamo grotte per la natività con mollette di legno e preparavamo Babbi Natale con la barba di cotone idrofilo.
Da qualche anno il tempo natalizio si è dilatato invadendo novembre e le nostre case di colore, lucine e pseudo “calore”.
Oggi è il 2 novembre, ma la smania commerciale, la musichetta di sottofondo in ogni luogo reale o virtuale, i maglioni rossi dimenticati durante l’anno, gli impegni natalizi ci piomberanno addosso a giorni.
Una sola domanda. Perché?
Da cinica rispondo che il Natale vende di più…