Uno dei massimi responsabili della fine del concetto di Rai come Tv-servizio pubblico italiano, il buon fazioso Michele Santoro, ha iniziato ieri sera le sue pontificazioni tramite antenne private dopo il suo divorzio dal nostro secondo canale. Lo ha fatto chiamando la trasmissione, senza peraltro alcuna ironia (e qui sta l’assurdo…), “Servizio Pubblico“. E così, come fu col Mundialito per Canale 5, adesso anche un network privato dove già si era visto il buon Funari trova un meritato momento di gloria con boom di ascolti. Bravi, saggia scelta. Ma Santoro, di fatto, replica quanto visto in Rai fino a qualche mese fa, con qualche pensiero in meno per il rispetto della par condicio.
In fondo il buon Michele è un giornalista senza troppa fantasia, ma che sa valorizzare al meglio quel poco che fa. L’idea di auto-prodursi è vecchia, e come detto già l’aveva lanciata Funari, ma lui riesce a farla passare per chissà quale invenzione. Funari sì, era indipendente davvero, o più che altro era uno che se ne fregava e alle critiche e alla paura di restare solo rispondeva con un bel “E sti cazzi“. Santoro invece no, è terrorizzato dall’idea di restare solo, e raggranella intorno a sè i soliti affidabili e sicuri in una specie di gara di solidarietà alla Telethon francamente incomprensibile.
Si tratta, lo ammetto, del talk-politico più interessante della Tv italiana, ma solo per demeriti degli altri.
Perchè però scomodare i soliti (grandi davvero, loro) Biagi e Montanelli, i soliti martiri del berlusconismo (Luttazzi, la Guzanti ecc ecc) e tutte le altre icone del mondo dell’Italia anti-casta, ex-girotondina, ex ex ex ex ex?
E perchè infilarci ancora una volta Travaglio e Vauro, che fa ridere nel senso di ridere con le sue vignette e fa ridere nel senso di piangere quando pontifica di politica e cavalca l’ennesima onda del momento (gli indignati)?
Semplice, perchè è di moda e garantisce successo. Bravo Santoro, quindi, che si è garantito la non-scomparsa pur meritando (opinione del tutto personale) ben altro destino.