Prendo a prestito l’intuizione letta nello status Facebook del profilo di un amico (e collega) per qualche breve riflessione. In queste ore circola in modo viraledi profilo in profilo il video del comico Enrico Brignano che in una puntata delle Iene ha piazzato un monologo anti-casta. Un bell’intervento in buona parte condivisibile, ma pur sempre l’intervento di un comico che con saggio buon senso romanesco ha rinfacciato agli onorevoli di non voler ridursi lo stipendio, nonostante tante belle promesse. Più o meno quello che i suoi antenati Manfredi e Montesano (pupillo del primo) dicevano negli anni 70 nel retro di un 45 giri promozionale invitando a votare PSI. E più o meno quello che scriveva, in epoca ancora papalina, il mitico Giuseppe Gioacchino Belli.
Niente di straordinario e nuovo quindi, ma nonostante questo Brignano, onesto comico degno erede della tradizione romanesca, sicuramente bravo per quanto un po’ troppo debitore verso Gigi Proietti, è diventato in poche ore un nuovo eroe del web 2.0, un “guru” dell’indignazione. Tutto questo nonostante non sia certo Pasolini e abbia scoperto, in fondo, l’acqua calda.
Di cosa è sintomo tutto questo?
Parlare di mediocrità culturale, di mediocrità dei nostri comici e della nostra Tv e del dilagare del qualunquismo sarebbe sciocco. Il Brignano che diventa il Pasolini degli anni ’10 è sintomo di altro.
Per prima cosa di un paese che non ritrova più da nessuna parte, nella politica, qualcuno a cui valga la pena davvero dare ascolto. La proposta, come concetto politico, sembra non interessare più perchè le aspettative e le promesse sono state deluse troppe volte. Basta e avanza la protesta, ma solo se esternata non in agoni politici o con lo stile tradizionale della politica, ma in forme nuove e semplificate come appunto quella del “numero” di un comico. E sta a vedere che a breve scopriremo oltre alla scomparsa del voto di proposta, in scia a un ideale o a un programma elettorale, anche quella del voto di protesta (a parte, forse, Grillo).
Per seconda cosa il Brignano-Pasolini, nel riuscire con le sue parole giuste quanto banali ad essere dirompente e rivoluzionario per l’Italia di oggi quasi quanto il maestro per quella dei ’70, dimostra sia la cappa di terrore sovietico dilagante nei nostri media televisivi, sia che il coraggio di dire ciò che si pensa, per quanto appunto banale, è una qualità quasi totalmente scomparsa. Viviamo esistenze in cui potremmo teoricamente dire tutto (basterebbero anche solo gli status di FB), ma alla fine non diciamo mai niente. Un po’ per paura, un po’ per pigrizia. E se qualcuno lo dice al nostro posto ci fa un enorme piacere.