Se, come ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana” così Celestino Cappelletti, quando, sabato scorso, ha ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica, Mattarella, e dal Premier Conte il riconoscimento in ricordo di suo padre Celestino ha rivissuto la grande tragedia che ha colpito la sua famiglia. Una donna, rimasta vedova con un figlio appena nato, e un bimbo, Celestino junior, cresciuto senza il padre perché dei partigiani slavi nella zona antistante la caserma dei carabinieri di Santa Domenica di Albona glielo avevano barbaramente ucciso. Era un carabiniere, Celestino senior, arrivato nella cittadina istriana insieme alla sua giovane moglie con le prospettive di costruirsi una famiglia e un futuro radioso. Invece quella speranza terminò in modo violento il 13 giugno 1944. Quegli anni che possono considerarsi un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente sono stati riconosciuti nel 2004 quando venne istituito il “Giorno del Ricordo”, una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio, che vuole conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra (1943-1945), e della più complessa vicenda del confine orientale”. E sabato scorso, dopo 75 anni da quella terribile giornata, Celestino Cappelletti, conosciuto ai più anche per la sua partecipazione attiva alla politica locale, accompagnato dalla figlia Costanza e dalla nipotina Matilde ha ricevuto un riconoscimento in memoria di un eroe moderno, un giovane carabiniere che fu ucciso soltanto perché rappresentava una nazione, un popolo.