Influenzata per il secondo anno di fila valuto con un occhio più cinico del solito questi giorni festivi.
Un tripudio di: pranzi opulenti, vestiti kitsch con renne che fanno capolino da ogni maglione, attacchi d’ansia da regalo sbagliato e il senso di colpa generato dal aver regalato un fastidioso doppione e non avere più lo scontrino per cambiarlo. Supermercati svaligiati e avanzi di cibo che nel migliore dei casi ci accompagneranno fino alla Befana sotto forma di rivisitazioni e surgelamenti vari.
Le agognate ferie si trasformano in un vero e proprio tour de force, dove passiamo la maggior parte del tempo non con chi vorremmo veramente, ma con chi dobbiamo convenzionalmente e spesso oltre ai regali ci arriva anche una consegna “virale” speciale. Stipati “vicini vicini”come sardine in piccole tavole affollate.
Ma queste reunions regalano anche inaspettati momenti esilaranti: visi amabilmente storditi e arrossiti dal vino, sfide all’ultimo bollore per il brodo più buono, più tradizionale. Dove poi ogni cuoca ha la sua idea ben precisa di tradizionale, solitamente tramandata da 3/4 generazioni e custodita in luoghi sicuri e asciutti.
Cani tirati a lucido come i padroni, capelli freschi di tintura e piega pronti a raccogliere tutti gli odori di cucina presenti nel raggio di 2 km, la sfilata di pellicce sintetiche e non anche con 10 gradi e il sole tiepido, quintali di profumo, e colonie varie che aleggiano nell’aria e che rimangono addosso a tutti i presenti come monito per i giorni futuri. Sorrisi agghindati da rossetti luccicanti che stampano baci indelebili e occhi furtivi nel captare il proprio regalo nel mucchio di pacchetti sotto l’albero di turno.
L’occhio furtivo appena citato è ovviamente il mio. Miope cronica divento un falco quando si tratta di scovare il mio nome nei bigliettini. Durante la visita oculistica annuale non vedo nemmeno la tavola con le lettere, ma il 25 dicembre come per magia riesco a scansionare ogni bigliettino d’auguri nel raggio di 10 metri, per la vista infrarossi ancora mi devo attrezzare.
Oltre ai disturbi influenzali nuove rivalità e nuove frontiere della competizione culinaria hanno allietato i miei giorni festivi.
Se il buongiorno si vede dal mattino l’antipasto è la portata rivelatrice del Pranzo di Natale. In una tavola imbandita degna di Csaba della Zorza due vassoi di crostini di fegatini fanno la loro comparsa. Le due cuoche entrambe a capotavola attendono il giudizio dei presenti che con le mani in tensione sul proprio tovagliolo aspettano il via per l’assaggio, un giro veloce di sguardi alla Sergio Leone e poi i doverosi complimenti alla padrona di casa che vince a tavolino la sfida per la salvezza del pranzo natalizio.
Buon fine contagio, al prossimo Natale