Anche la provincia di Arezzo è passata alla Lega, la Toscana “rossa” ha perso un altro caposaldo, e questa volta non grazie al “voto di pancia” del popolo ma a quello consapevole di politici amministratori, che si suppone ben conoscano i territori e le forze politiche che li governano, e questo mi pare ancor più grave e preoccupante per la sinistra che governa qui dalla fine del fascismo.
Siamo in una fase di epocale cambiamento delle società democratiche nel mondo intero, non solo a Cortona, ad Arezzo e in Italia, in cui la potenza della società della comunicazione sta ovunque distruggendo i partiti tradizionali, basati sulla organizzazione territoriale dei cittadini e l’ascolto diretto e organizzato del loro pensiero per sfociare nella democrazia rappresentativa, per giungere invece alla democrazia diretta, perché, a mio parere, nella prima il potere delle strutture partitiche ha preso il sopravvento sul volere del popolo giungendo a una democrazia auto-rappresentativa.
Ma la democrazia diretta, e riflettiamoci oggi che stiamo ponendo attenzione agli eventi di un secolo fa, proprio allora portò l’Europa alla dittatura del nazifascismo, inteso come “democrazia diretta”, che di morti ne causò venti volte più della prima guerra mondiale.
Anche oggi come allora in tutta Europa stanno estinguendosi i partiti tradizionali e a questo dobbiamo in qualche modo reagire, ricominciando a dar vita alle due tradizionali linee liberal-democratica e social-democratica e per avere qualche speranza di successo dobbiamo ripartire dai piccoli singoli territori.
Vorrei che l’anno prossimo a Cortona e dintorni subisse un blocco questa nefasta tendenza, ricominciando noi dal PD, che, per quante critiche giuste abbia meritato, resta l’unico strumento oggi disponibile.
Ma, direte, è morto! Forse si, ma non è morta fra la gente la voglia di poter votare per un partito “vero”, almeno socialdemocratico, se non proprio di sinistra, che abbia i numeri e la forza umana per non consegnare anche il nostro comune al “Salvi-maio”.
Accantoniamo, per quanto possibile in breve tempo, i piccoli circoli di potere che lo hanno asfissiato, riapriamo le sezioni e convochiamo lì assemblee continue di cittadini prendendo ben nota dei loro pensieri, apriamoci ai social per stimolare e ascoltare quotidianamente in linea diretta le voci dei giovani, dotiamoci di un gruppo di studio, composto da esperti di socio-economia, capace di sintetizzare i dibattiti e costruire gradualmente un progetto per il futuro del territorio, per far si che quando il cittadino si troverà nel seggio potrà pensare di votare per il “suo” progetto e i “suoi” rappresentanti e non per una generica bandiera e un apparato di potere.