Sabato scorso si è svolta, in una Sala del Consiglio Comunale di Cortona gremita, la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria all’Avvocato Nicodemo Settembrini, in virtù delle sue molteplici attività filantropiche. La Fondazione Settembrini, nata nel 2011, ha contribuito in questi anni all’organizzazione di eventi culturali di altissima caratura, a partire dal Premio Giornalistico “Pietro Pancrazi”, portando a Cortona giornalisti, intellettuali e scienziati autorevoli e di riconosciuta esperienza.
Se c’è un aspetto che ha accomunato gli interventi delle autorità e dei cittadini che hanno preso la parola durante l’iniziativa, si è trattato senza dubbio del senso di gratitudine nei confronti di una figura che ha voluto contribuire allo sviluppo culturale della nostra città, ergendosi a mecenate disinteressato e volenteroso.
Il primo aggettivo è quello su cui vorrei porre l’accento, proponendovi una riflessione sul ruolo dei privati nel settore culturale. È risaputo che il nostro paese ha una tradizione storico-artistica, ma anche di idee, che risale all’Antichità. Che sia lo Stato a farsi carico di questo immenso patrimonio, è un dato imprescindibile: lo dice la Costituzione già nei principi fondamentali (articolo 9). Eppure, è evidente che tale gestione comporta dei costi difficilmente sostenibili, specialmente con uno stato della finanza pubblica come quello in cui ci troviamo. Il fatto che l’Italia sia il paese con il più alto numero di siti “patrimonio dell’umanità” dell’Unesco non è solo una bella soddisfazione, ma anche una grande sfida. Rendere questa eredità un volano di sviluppo e una risorsa economica è un dovere primario, cui spesso i nostri governanti hanno disatteso. Ma non possiamo fermarci qui.
Si rende necessario, a mio avviso, il coinvolgimento di chi ha la possibilità di intervenire. Il mecenatismo è nato dalle nostre parti: Mecenate era infatti un patrizio romano di origine etrusca, nato ad Arezzo. Fu lui a coinvolgere le menti più brillanti della sua epoca per celebrare in versi le sorti del principato augusteo, finanziando Virgilio, Orazio e Properzio. Da allora, chi sostiene economicamente gli artisti o gli intellettuali è definito per antonomasia un “mecenate”. Se vogliamo fare un esempio più vicino a noi e meno scontato di Lorenzo de’ Medici, potrei suggerire Angelo Vegni, che investì la propria eredità nella costituzione del nostro Istituto Agrario (1883).
Ebbene, l’intervento dei privati può far alzare un sopracciglio, se comporta la restituzione di qualcosa che non sia l’ammirazione collettiva. Abbiamo letto sui giornali di luoghi storici, ponti e piazze appaltati per sfilate, cene aziendali e iniziative che di culturale avevano ben poco. Con la mia piccola esperienza da amministratore, penso di capire cosa ha spinto quei sindaci o assessori a farlo: se mi chiudo gli occhi, e forse il naso, per quelle due ore, ho poi un discreto gruzzoletto per rimpinguare le esauste casse del mio ente locale. Ma queste disperate contingenze dovrebbero essere eccezioni, invece della normalità: se troviamo fonti di finanziamento che non comportano un lucro, dobbiamo sostenerle con convinzione.
È proprio per questo motivo che Settembrini – e chi si comporta come lui – va celebrato: non ha mai chiesto nulla in cambio, investendo per amore nei confronti della collettività. Nell’ottica di una rigenerazione sociale e civile del nostro stanco senso di comunità, è necessario accogliere, accarezzare, tutelare iniziative come la sua. Perché la cultura ha bisogno di sostegno da parte dello Stato, ma anche dei privati cittadini che ne fanno parte.