Indignazione è un termine molto di moda di questi tempi. Gli indignados di Spagna, gli „indignatos” di una recente manifestazione della CGIL aretina, gli Indignati italiani che scenderanno in piazza nel prossimo weekend. Ma aldilà di questi fenomeni estremi è vero che l’indignazione è il sentimento che sto provando da molto tempo a questa parte.
In poche righe, perchè non voglio annoiare i lettori, voglio esprimere la mia rabbia, la mia frustrazione, il mio schifo…. rabbia, frustrazione e schifo che non appartengono solo a me, ma a tanti altri giovani e meno giovani LAUREATI!
Sì, perchè io scrivo credendo di poter esprimere sensazioni comuni a tutti i laureati d’Italia che non hanno uno straccio di lavoro, neanche un lavoro precario. A volte, nel mercato del lavoro d’oggi, pare quasi che avere una laurea rappresenti un handicap.
Anni buttati via, i nostri genitori che hanno fatto sacrifici enormi per farci studiare, per vederci realizzati. E adesso con questo pezzo di carta in mano che ci facciamo? Io una risposta ce l’avrei, ma qui è meglio non scriverla. Mandiamo curricula dappertutto, ma nella migliore delle ipotesi ci liquidano con il classico ” Le faremo sapere “, mentre nella maggior parte dei casi lo cestinano. Poi scopriamo che in quei posti ci finiscono persone molto meno preparate e capaci di noi.
Questo nei lavori per così dire „generici”, non specializzati. In quelli specializzati è richiesta esperienza e, quindi, viene assunta gente che ha già svolto quei determinati lavori. Ma uno senza esperienza come fa a farsela? Ecco quindi che alla fine lavorano sempre le solite persone.
Il mio appello ai datori di lavoro è quindi questo: cercate di prendere in considerazione anche noi laureati perchè con un pezzo di carta in mano, per quanto bello, per quanto arzigogolato, non si mangia. Però è un pezzo di carta ottenuto per un motivo, cioè perchè abbiamo studiato, un elemento che nei lavori che vorremmo essere chiamati a svolgere si rivelerebbe senza dubbio utile. Noi laureati abbiamo bisogno di lavorare e non accampiamo NESSUNA pretesa economica in più rispetto a chi la laurea non ce l’ha. Semplicemente avremmo voglia di lavorare, e di essere trattati come tutti gli altri
Stefano Bertini