E’ vero che siamo un giornale locale e Michele ieri ha scritto un bellissimo articolo su questo tema, ma due parole su Steve Jobs e soprattutto sulle coccodrillate sentite in queste ore volevo dirle pure io. Quanta ipocrisia, mio Dio! La prima è quella di coloro che hanno inneggiato, probabilmente senza rendersene conto, a un fulgido esempio di moderna imprenditoria pur essendo detrattori dell’economia nel senso moderno, degli Stati Uniti e del loro modello di società. Jobs è stato quindi glorificato per comodo o per ignoranza anche da chi, se Jobs fosse nato in Italia, gli avrebbe remato contro 24 ore su 24 imbrigliando le sue idee e le sue volontà in una fitta maglia di burocrazie e legacci.
La seconda è quella di chi non s’è reso conto, perchè probabilmente non lo sa, che l’Italia è un paese in declino da ormai quasi 40 anni e che volendo nell’informatica eravamo partiti alla grande. Come mi ha fatto notare Michele il concetto di “personal computer” trovò la sua prima proto-realizzazione pratica in Italia con l’Olivetti programma 101, anno 1964. Si trattava di una calcolatrice che poteva tenere alcuni dati in memoria e stampava i risultati. Era per uso “personale”, cioè di un solo dipendente di un’azienda e non più per uso condiviso come i macchinari visti fino a quel momento. A rivederla adesso ora fa sorridere, ma era un primo enorme passo nella storia e nel futuro, anche sul piano concettuale. Dissero alcuni tecnici italiani in quegli anni: “Ci vorrebbero tanti soldi per la ricerca e l’innovazione, fra trent’anni potremmo avere risultati incalcolabili da questi investimenti” ma l’Italia fece l’Italietta e in breve l’Olivetti fu costretta a cedere il passo.
La terza è quella di tanti che hanno condiviso e rilanciato su FB il discorso di Steve Jobs ai neo-laureati. Mettendo il video, citandolo negli status. Molti personaggi mediocri e conservatori, dalle vite minuscole e i cervelli ingolfati dal conformismo si sono così trasformati per un attimo in visionari rivoluzionari dalle vedute stra-aperte. Ma fateci il piacere.
E poi diciamolo: quello di Jobs è un discorso sicuramente intenso e commovente, a tratti illuminante, ma c’è anche tanta retorica. Centinaia di miliardari americani fatti da sè quando raccontano la loro storia la raccontano in quel modo. La caduta, la risalita. Il non mollare mai. Il crederci sempre. Stay hungry stay foolish. L’amico, in quel caso, non ha inventato granchè (fra l’altro la frase Stay hungry stay foolish non è nemmeno sua). E occhio a prendere quelle frasi alla lettera. Il talento ci vuole sempre. Crederci e basta…non basta