Le dimissioni del Sindaco Agnelli dal Consiglio Provinciale e le dichiarazioni polemiche che abbiamo riportato ieri non fanno che confermare quanto su queste pagine fu scritto senza esitazioni sin dall’arrivo delle prime proposte per il superamento delle Province.
Sull’onda di una moda molto diffusa nell’opinione pubblica (e di conseguenza nel linguaggio politico) le si riassunse sin dall’inizio degli “anni 10” nella comoda e superficiale definizione “enti inutili” e ciò portò ad azioni paventate nel periodo del governo Monti e approdate successivamente alla ben nota riforma Del Rio.
Durante tutto quel percorso, sino almeno dal 2013, ci adoperammo per mettere in luce i rischi di una riforma che non aboliva l’ente, ma lo scarnificava, lo sottraeva all’elezione diretta dei cittadini e soprattutto lo privava delle risorse lasciandogli però sulle spalle responsabilità enormi quali, ad esempio, l’edilizia scolastica e la viabilità.
Ci sembrò giusto, pur andando controcorrente, sottolineare quanto un “ente intermedio” non fosse affatto inutile, bensì fondamentale nell’assetto istituzionale e nella gestione dell’amministrazione pubblica e dei servizi e che comunque la riforma avrebbe generato conseguenze negative.
Negli anni quelle conseguenze negative si sono mostrate in modo sempre più evidente, in un silenzio abbastanza generalizzato rotto solo dalle periodiche esternazioni del Presidente Vasai e da casi allarmanti il più grave dei quali è stata la vicenda della chiusura del Ponte della SP27 Castroncello – Brolio: per poter intervenire su quell’emergenza c’è voluto l’impegno massimo della struttura provinciale (anch’essa abbondantemente ridimensionata con molti dipendenti trasferiti a Regione o Comuni), oltre che dei (pochi) amministratori rimasti. Il risultato raggiunto, per quelle che erano le condizioni in cui si operava, non era affatto scontato.
La riforma degli enti provinciali ha però creato anche altri effetti deleteri, sollevando il problema del destino dei beni di proprietà della Provincia o di quelli che le erano stati affidati da altri enti (principalmente i Comuni). Nel primo caso le stringenti necessità di bilancio hanno portato alla cessione a privati di beni pubblici, vedi ad esempio l’ex Ospedale di Cortona, nel secondo hanno rimesso sulle spalle dei Comuni, già gravati da notevoli difficoltà e limitazioni, ulteriori pesi difficili da gestire con pochi soldi e poco personale.
Il patrimonio pubblico, dunque, è stato ridotto o è tornato nella mani di chi non possiede mezzi e risorse per mantenerlo e sfruttarlo al meglio.
Dopo la vittoria del “No” al Referendum sulla riforma costituzionale (Dicembre 2016) cercammo di riaprire il dibattito suggerendo una forte inversione di tendenza: tornare a parlare della questione, analizzare la situazione e trovare una nuova soluzione positiva.
Nulla, purtroppo, è stato fatto e la Provincia si prepara a breve a rieleggere i suoi organi, ancora una volta col sistema “di secondo livello” e senza che nessuno dei problemi generati dalla riforma Del Rio sia minimamente preso in considerazione.
Eppure un qualche intervento sarebbe auspicabile, specialmente da parte di chi è al Governo e ha fra le sue bandiere la democrazia diretta e la critica alle privatizzazioni e allo smantellamento delle proprietà pubbliche.