L’Amministrazione Comunale di Cortona in tempi recenti ha rivolto particolare attenzione alle fonti di emissione di odori molesti che aleggiano nel territorio comunale, partendo dagli allevamenti zootecnici e dalla distribuzione al suolo di concimazioni organiche quali i fanghi provenienti da impianti di depurazione.
Si tratta senz’altro di interventi opportuni anche se, a mio parere, tardivi considerato che negli ultimi anni più controlli e una programmazione più cosciente del territorio, usando gli strumenti di regolamentazione già esistenti, avrebbero potuto evitare le sollevazioni di popolo riscontrate in questi ultimi mesi.
Vi spiego perché. Andiamo per ordine:
1) Come si origina il cattivo odore?
Le emissioni odorigene sono prodotte, in misura prevalente, dalle deiezioni degli animali a causa di processi di degradazione batterica (principalmente anaerobici) cui sono soggette nel corso della loro movimentazione e conservazione. Ciò può originarsi quindi dalle stalle, dai laghetti dove vengono temporaneamente stoccate le deiezioni, dallo spandimento al suolo (fertirrigazione). Una non corretta gestione di uno degli elementi sopra citati aumenta la probabilità che sorgano problemi. La percezione olfattiva dipende poi dalle condizioni climatiche (i forti caldi di questi giorni aggravano la situazione) e risultano estremamente variabili non solo nel corso delle stagioni, ma anche durante le singole giornate.
2) E’ possibile ridurre al minimo i problemi? Sì.
Ci si può arrivare utilizzando strumenti tecnologici e altro ancora. Sul tema esisteva già da molti anni un Regolamento Comunale che proprio per ridurre il più possibile certi problemi prevedeva, fra le altre cose:
– la messa in opera di sistemi di areazione forzata con biofiltri da applicare nei camini
– la perimetrazione del fabbricato “stalla” con piantagioni arboree ad alto fusto
– utilizzo di lettiere impagliate
– uso di separatori dei liquami
– copertura dei laghi di raccolta
– effettuazione dello spandimento al suolo nelle prime ore della mattina con immediato interramento attraverso un’idonea lavorazione del terreno
– il divieto di spandimento nei mesi di Luglio e Agosto
3) Perché allora negli ultimi tempi sono nati aperti conflitti fra cittadini, allevatori e imprenditori agrituristici?
Ciò si può spiegare in tanti modi. Al netto delle innegabili trasformazioni socio-economiche del territorio avvenute negli ultimi anni, che certo si potevano prevedere e governare molto meglio (e non lo si è fatto!), c’è da capire quanto a pesare sia il fatto che le regole già esistenti meritino di essere modificate / aggiornate e quanto invece abbia pesato la progressiva diminuzione dei controlli e/o la scarsa predisposizione ad affrontare i singoli casi adoperandosi per trovare una soluzione.
4) Che soluzione ha elaborato l’Amministrazione Comunale?
Per tentare di contenere le sollevazioni sorte negli ultimi mesi gli amministratori sembrano essere partiti da una presa d’atto quasi fatalista, cioè che è impossibile conciliare un’attività di allevamento col resto del territorio. In questa logica l’unica soluzione, quindi, è allontanarla.
A seguito di un “atto di indirizzo” deliberato dal Consiglio Comunale si è quindi redatto un nuovo Regolamento Comunale che ha ripreso nella quasi totalità le norme già esistenti nel Regolamento pre-esistente, salvo inserire alcuni nuovi elementi fra cui le distanze da rispettare dalle attività agrituristiche e dai centri abitati e “facilitazioni” agli allevatori per “delocalizzare”, cioè spostarsi altrove.
5) Cosa penso di questa logica:
In tutta franchezza io credo che, dal momento che le attività di allevamento e di smaltimento dei fanghi sono regolamentate prima di tutto da leggi statali e regionali e rappresentano nel territorio comunale una buona fonte di occupazione stabile, una volta assicurato il rispetto assoluto delle leggi è compito dell’istituzione pubblica tutelarle, così come tutte le altre attività, anche di fronte a sollevazioni di popolo più o meno giustificate. Anche perché poi diventa un po’ ipocrita continuare a parlare di “eccellenze del territorio” da valorizzare sul fronte eno-gastronomico o di agricoltura e allevamento da rilanciare come settore propulsivo della nostra economia.
Di conseguenza, visto che alcune fasi di queste attività possono essere impattanti, per garantire la convivenza con attività legate al turismo non è detto che la risposta più corretta sia proporre il trasferimento dell’allevamento.
La “delocalizzazione con aiutino” da parte del Comune rischia poi di tradursi in un processo dai tempi molto lunghi e dal destino poco chiaro, che potrebbe portare a ben poco, come pure incidere in modo fortemente negativo sul livello occupazionale cortonese.
Una “delocalizzazione” vera sarebbe invece il trasferimento di tutti gli allevamenti in una singola area ben definita nel territorio comunale. Questa ipotesi si potrebbe realizzare però solo se l’amministrazione mettesse a disposizione tutti gli strumenti necessari per poter continuare a utilizzare l’ottimo concime organico derivante degli allevamenti in luogo di quelli chimici che tanti danni hanno provocato, nel tempo, ai nostri terreni ed alle falde acquifere (non a caso parte del territorio comunale è classificata come sensibile ai nitrati).
La delocalizzazione, peraltro, fu una proposta avanzata negli anni ‘80 e riproposta negli anni ‘90 (al momento della costruzione dell’impianto di depurazione degli scarichi civili di Monsigliolo) e fu sempre accantonata perché l’attività di allevamento nel cortonese è stata considerata sempre subordinata a quella agricola e non “industriale”, una scelta che ha permesso di limitare nei terreni, già arricchiti dai reflui zootecnici, l’uso di concimi chimici e ha permesso anche di contenere il numero dei capi allevati.
Con il trasferimento delle stalle “altrove” conseguiremo forse (nel giro di molti anni) l’eliminazione di cattivi odori, ma resterebbero sempre i disagi procurati dalla cattiva gestione dello smaltimento al suolo dei reflui, visto che i terreni utilizzati non possono essere trasferiti.
Fra gli altri elementi del nuovo regolamento credo poi che vada valutata in modo più approfondito, caso per caso, anche la proposta di tenere vuote le stalle nel periodo estivo (nel regolamento si fissa tutto il periodo Giugno – Agosto), visto che le aziende che effettuano l’ingrasso è proprio in questi mesi che acquistano giovani lattonzoli per portarli nei mesi di Ottobre – Novembre ai 120-130 Kg di peso (cioè pronti per quando ripartono i consumi della carne suina che come sappiamo viene utilizzata preferibilmente nelle stagioni fresche). Nei mesi estivi, essendo gli animali di peso ridotto, l’impatto è quindi molto limitato.
Ad ogni modo è senza dubbio positivo il metodo del confronto e dell’ascolto che l’Amministrazione ha intrapreso con i vari soggetti coinvolti. Credo che la questione debba essere governata con buon senso e senso di responsabilità, considerando qualche elemento in più rispetto a quanto fatto finora.
Chiudo poi questa riflessione con la più ovvia delle banalità, ma che forse è opportuno ricordare a qualcuno un po’ sordo: in campagna e soprattutto nelle aree agricole la presenza di emissioni odorigene c’è sempre stata e, lasciatelo dire a uno che c’è cresciuto in mezzo, la campagna non è mai stata per il naso un albergo a cinque stelle.