L’assenza di Goffredo Fofi mercoledì ci era un po’ dispiaciuta, ma non immaginavamo che il suo intervento fosse tanto bello. Lo abbiamo scoperto ieri, quando il “maestro” (nel senso di “maestro elementare”, ha chiarito lui, perché “per fortuna non ha fatto l’Università”) ha scelto di mettersi a tavolino, invece che sulla pedana allestita nel bel chiostro di Sant’Agostino, e ha parlato per un’ora di non-violenza, povertà, istruzione e scelte di vita, citando figure come Gandhi, Danilo Dolci, Carlo Levi, Salvatore Carnevale, Peppino Impastato, Aldo Capitini e don Lorenzo Milani.
Dalle esperienze nella Sicilia degli anni ’50 alle discussioni con Capitini, la vita di Fofi lo ha portato a confrontarsi con visionari che sapevano guardare al domani anche quando questo sembrava impossibile. “La parola sacra è NO”, ci ha ricordato, perché opporsi ad un ordine di cose inaccettabile è la scelta più etica che si possa fare.
La nonviolenza non è soltanto contro la violenza del presente, ma anche contro quelle del passato; e perciò tende a un rinnovamento della realtà dove il pesce grande mangia il pesce piccolo, della società dove esiste l’oppressione e lo sfruttamento, dell’umanità nella sua chiusura egoistica e nelle sue abitudini conformistiche e gusto della potenza. Aldo Capitini
Lasciare tutto così com’è ci porta verso il baratro della guerra e della violenza, cosa che in questi tempi stiamo sentendo molto da vicino. Disobbedire è una scelta etica e legittima per ottenere il cambiamento, come ci ha insegnato Gandhi.
Occorre prestare attenzione al ritenere che la cultura sia l’unico modo di salvare il mondo: nell’Italia di oggi ormai gli operatori culturali sono tantissimi, ma non sempre permettono una crescita al paese. La cultura ha infatti un carattere duplice: da un lato permette di crescere, formarsi e cambiare; dall’altro è uno strumento di distrazione, che ci rende appagati e ci impedisce di uscire per strada e cambiare il mondo.
Avremmo continuato a lungo, ma purtroppo l’ora dedicata a “Le parole sono pietre” (nome dell’intervento, dal titolo di una raccolta di racconti di Carlo Levi) si è conclusa poco dopo le sei. Poi è arrivato il momento di Sergio Rizzo, del Corriere della Sera, intervistato dal prof. della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè, il cui tono di voce era ampio quasi quanto il nome (diciamo che ci ha tenuto svegli, con le sue E aperte). Sarà che ci capiamo poco di finanza, sarà che abbiamo pochi soldi, sarà che Fofi ci aveva parlato di paulo maiora, ma del resoconto dei due sul declino e caduta del Monte dei Paschi di Siena abbiamo preso pochissimi appunti. La lettura del libro compenserà certamente le nostre mancanze.
Stefano Massini ci ha incantato, invece. Il drammaturgo di Lehman Trilogy e di Piazzapulita ha raccontato storie di persone che usando le parole hanno cambiato il mondo, senza darci un attimo di respiro nel suo viaggio rutilante tra i secoli e i continenti: Lev Tolstoj e Ivan Turgenev, Vincent Ogé e la rivoluzione haitiana, Ida Tarbell e l’inchiesta sulla Standard Oil di John Rockefeller, Nellie Bly e il suo reportage Dieci giorni al manicomio, Orson Welles e Quarto potere, Charles-Louis Havas e la prima agenzia di stampa, Charles Dickens e Ferdinando Petruccelli della Gattina (il «più brillante giornalista italiano dell’Ottocento» secondo Indro Montanelli).
Lo avrete capito dalle nostre cronache: quest’anno la scelta dei relatori e degli scrittori ha seguito un criterio tematico, “Le parole sono importanti”, e l’idea è molto valida. Da seguire anche nei prossimi anni – fatto salvo che ribadiamo l’idea di una Versiliana in Valdichiana, sostituendo all’abbuffata di tre presentazioni al giorno per cinque giorni, una sola per domenica (in modo da farle durare un po’ di più e da mandare le persone a casa in orario umano, per esempio in orario 18.00-19.30).
Poi c’erano gli Statuto! Nonostante fosse un concerto gratuito, il pubblico non era molto numeroso (alzi la mano chi si immaginava il contrario), anche se le movenze di Oskar erano adorabili e a Piera non sei sincera ci è scesa una lacrimuccia. C’è da chiedersi se non si poteva osare di più – per dire, l’anno scorso il concerto-giovani furono i Baustelle. A pagamento, sì, ma un gruppo di grande appeal e con un disco in promozione (L’amore e la violenza parte 1). Forse pensare ai giovani veri – i nostri amici torinesi festeggiavano 35 anni di attività, non erano proprio di primo pelo – potrebbe aiutare a qualche scelta più originale (che magari non conoscono i grandi, ma può portare i ragazzi).
P.S. Oggi pomeriggio torna Radio Incontri goes to Mix, in diretta da Piazza della Repubblica tra le 17 e le 19. Vi aspettiamo in Piazza, in radio sulle frequenze 88.4 e 92.8 FM, in streaming o sull’app TuneIn!