Abbiamo già raccontato ieri come è iniziato il settimo Cortona Mix Festival, con la presentazione e il primo spettacolo a Palazzo Casali. Proseguiamo oggi con lo strepitoso concerto di Little Steven e le presentazioni del pomeriggio. Pensate che il nome di battesimo del chitarrista di Bruce Springsteen era “Steven Lento”. Ieri abbiamo avuto la dimostrazione che nomen non omen!
Little Steven ha infiammato Piazza Signorelli per quasi tre ore di concerto, con un’esibizione che ha pochi paragoni nella storia della nostra città. La sua forza dirompente ha scatenato il pubblico, che si dimenava e applaudiva con forza la sua travolgente commistione di soul, rock e funky (ma anche con puntate sul doo-wop e sulla musica folcloristica). I discepoli del soul (tutti, comprese le coriste) sono musicisti dotatissimi, e il loro capo un personaggio incredibile: pensate che ha avuto il coraggio di lasciare la E Street Band all’indomani del disco più fortunato – ma ahimé più travisato – di Springsteen, quel Born in the USA che fu a torto creduto l’inno dell’America di Ronald Reagan, per dedicarsi a progetti solisti dai forti connotati politici, di contrasto al razzismo e all’apartheid. Non a caso, durante il concerto ha più volte sottolineato il suo amore per una società aperta, che lotta in nome della fratellanza e dell’uguaglianza. Little Steven ha avuto anche una carriera televisiva, nei Soprano e in Lillyhammer… che dire, un grande in tutto e per tutto. La sua presenza è stata certamente il valore aggiunto del Mix di quest’anno.
Ma il pomeriggio?
Purtroppo non si è svolta l’attesa chiacchierata con Goffredo Fofi, che ha dovuto dare forfait per motivi di salute. Molto interessanti in compenso le presentazioni di Roberto Olivi – responsabile comunicazione di BMW Italia – e Laura Morante, ieri nella veste di scrittrice anziché di attrice.
Il primo ha presentato il volume La comunicazione è un posto dove ci piove dentro (ed. Nave di Teseo), il cui titolo è ripreso da una citazione dantesca reinterpretata da Italo Calvino (per dirla breve, Dante in Purgatorio XVII 25 scrive “poi piovve dentro a l’alta fantasia”, che Calvino, nelle Lezioni americane, interpretò “la fantasia è un posto dove ci piove dentro”). Olivi, intervistato dall’ottimo Giuseppe Fantasia, ha dichiarato subito il proprio stretto legame con le idee espresse da Calvino nelle Lezioni americane, in particolare i concetti di leggerezza e velocità. Il suo libro è una sorta di manuale di comunicazione riletto alla luce della propria esperienza professionale. Tra le cose suggerite, l’invito ad osare, a cercare di uscire dalle consuetudini e provare a fare cose difficili: magari non si concretizzeranno, ma quando accade avvengono le vere svolte. In due parole: “essere solidi ma avere voglia di provarci”. Non bisogna mai smettere di studiare, leggere e informarsi per poter cambiare. Copiare va bene, nel senso che dai grandi che ci hanno preceduto – magari anche in altri settori – si possono riprendere spunti utili per il proprio lavoro. L’importante è cercare sempre di pensare in modo diverso, porsi su altri piani rispetto a quelli più immediati. Il buon capo, in un lavoro, è colui che si circonda di persone creative e di tutte le età, per allargare il più possibile i punti di vista sui progetti intrapresi. I proventi del volume, prefato da Jovanotti, andranno a Dynamo Camp, un campo scuola per ragazzi disabili.
Laura Morante, che presentava il proprio Brividi immorali (sempre Nave di Teseo), ha parlato di cose simili: ha dichiarato una grande difficoltà nel riconoscersi in ruoli fissi, e per questo non ha avuto problemi a proporsi come scrittrice invece che come attrice o regista. Come ha suggerito l’intervistatore Wlodek Goldkorn, “prendere le distanze da se stessi è una forma di etica”. La chiave della complessità dell’oggi sta nel guardare le cose con prospettive diverse, e perfino immedesimarsi nelle vite degli altri – aspetto proposto anche per le questioni di più stretta attualità, come l’immigrazione dal Sud del mondo. La Morante, nata in provincia, vedeva pochi film da ragazza, ma leggeva tantissimo, ed ha sempre apprezzato gli scrittori che lasciano libero il lettore, come Kafka. Certi scrittori, come Céline, sono decisamente più autoritari, e non lasciano spazio all’immaginazione – un po’ come il cinema, che costringe a prendere il punto di vista del direttore della fotografia e del regista. Per far capire il proprio punto di vista, la scrittrice ha proposto un aneddoto su Franz Kafka:
Un giorno Max Brod passeggiava con lo scrittore praghese, e, innamorato della raffinata scrittura di Gustav Meyrink, citò la frase «le farfalle volavano ad ali distese come libri magici aperti su taciti fiori». Al sentirla, Kafka inorridì. Trovava quella frase troppo eccessiva, e si mise a lodare la leggerezza e la semplicità. Per spiegarsi, citò una frase dell’amato Hofmannsthal: «L’odore di pietre bagnate in un cortile».
La differenza tra le due è che la seconda lascia spazio all’interpretazione, come solo la grande poesia può fare, anche se in questo caso si descrive una situazione non proprio aulica. Secondo Laura Morante, “la poesia è la forma espressiva più concreta”.
Il volume comprende alcuni interludi preceduti e conclusi da brevi frasi musicali di Nicola Piovani. La vicinanza tra musica e letteratura è stata confermata dalla scrittrice, che ha dichiarato “penso alle parole in modo jazzistico”. Molti personaggi, nei diversi racconti, sono adolescenti, perché l’adolescenza è un’età di passaggio in cui coesistono i sogni dell’infanzia e le prime prese di coscienza – nasce lo struggimento, il senso di nostalgia per qualcosa che non avremo più.
La presentazione si è conclusa con le domande del pubblico, grazie alle quali abbiamo appreso che Laura Morante recita volentieri a teatro, ma tutt’ora non è riuscita a vincere la paura dell’esibirsi in pubblico, e che è molto legata alla Francia (ha un marito francese e ha vissuto dieci anni oltralpe, recitando anche per Alain Resnais), ma non è ancora riuscita a capire l’atteggiamento dei francesi: ad esempio, mentre girava un film era scoppiata in lacrime, e tutta la troupe l’aveva lasciata sola nel teatro di posa. Da noi succederebbe il contrario, ma evidentemente là si credeva più elegante lasciarla riprendersi da sola, invece che esporsi al pubblico compatimento.