Peppino Caldarola, giornalista che apprezzo e stimo da sempre, scrive cose sensate rispetto alla situazione attuale. Partendo dal fatto che sono in gioco la sopravvivenza economica del Paese e dei cittadini ci richiama alla massima attenzione circa la crescente ondata di sovranismo e neofascismo che caratterizza la fase attuale. Credo sia difficile dargli torto. Partendo da questo presupposto egli ci avverte di pericoli imminenti, che potrebbero isolare l’Italia e portarla ad una deriva senza garanzie di ritorno. Insomma la casa brucia e qualcosa si deve fare. E qualcosa deve farlo la sinistra, in accordo con il mondo cattolico progressista e democratico. Dice Caldarola che la sinistra deve abbandonare la sua propensione al litigio e ritrovare le ragioni di una rinnovata unità. Anche su questo è difficile dargli torto. L’impresa appare indispensabile e difficilissima al tempo stesso. La sinistra italiana ha sempre avuto una indole che la porta ad “atomizzarsi”, a ricercare più le ragioni della differenza rispetto a quelle dell’unità. Questa peraltro pur essendo una caratteristica deleteria rappresenta anche una differenza tra la sinistra e gli altri, a sinistra si ragiona, si analizza, si studiano i fenomeni della politica e poi si sceglie. In altre aree il collante è spesso determinato dall’interesse di bottega, dal potere, dalle attività lobbysti che. Ma torniamo a noi, all’obiettivo di riunificare la sinistra, di riportarla a parlare con il suo “azionista di riferimento” che non può che essere rappresentato dal mondo del lavoro, da chi un lavoro lo cerca e non lo trova, per farla breve quel popolo della sinistra che alla sinistra stessa ha voltato la faccia andando a collocarsi nel populismo, nell’egoismo becero e rozzo dei leghisti o, quando le cose vanno bene, nel non voto. Si deve aggiungere che molti rappresentanti della sinistra sembrano quasi attratti dalla rozzezza dei ragionamenti del povero Di Maio e della Lega. Inutile cercare di nasconderlo anche a sinistra, in una nicchia non so quanto grande, batte un sentimento sovranista ed antieuropeo.
Sicuramente le politiche e le posizioni dell’Europa così come è oggi organizzata non aiutano, sicuramente molti trattati andranno rinegoziati ma nella consapevolezza che fuori dall’Europa e dall’euro si starebbe certamente peggio e non certamente meglio. Fa ridere, se non ci fosse da piangere, il fatto che quelli che propugnano il governo del cambiamento poi propongono misure adottate dai Governi italiani degli anni 80 come la svalutazione della moneta e altre amenità simili. L’Italia in mano a questi apprendisti stregoni sarebbe spazzata via in men che non si dica. E invece una sinistra forte servirebbe e se da una parte saluto con piacere la scelta di LeU di farsi partito dall’altra mi rendo conto che data la gravità della situazione questo non basta, è utile, indispensabile ma non basta. E qui si arriva al problema dei problemi, si arriva ai rapporti con il Pd ed alla natura del Pd stesso. Voglio subito dire che se energumeni, come quelli che abbiamo visto in questi giorni alle prese con la formazione del governo, sono riusciti a raggiungere certi traguardi elettorali delle responsabilità politiche ci sono e sono anche estremamente chiare, portano un nome ed un cognome. Il Pd renziano ha colpe e responsabilità che pesano come macigni sull’attuale situazione della sinistra e di conseguenza dell’Italia. Renzi è riuscito a dilapidare in un breve lasso di tempo un enorme patrimonio culturale che la sinistra italiana aveva sedimentato in decenni e decenni di lavoro e studio. Assieme a questo è riuscito ad annichilire anche chi nel mondo della sinistra cattolica non la pensava come lui. La sua smodata bramosia di potere, la sua smania di protagonismo lo ha portato a rompere, temo definitivamente, ponti con un mondo che alla sinistra credeva e che nella sinistra si rivedeva, si specchiava. Se le periferie delle grandi città, se gran parte del mondo giovanile guarda all’estrema destra e non alla sinistra lo si deve molto a lui e a chi nel Pd gli ha tenuto il sacco. Ed è qui che non sono più d’accordo con Caldarola, non si può pensare di fare un’operazione politi cistica e far finta che nulla sia avvenuto. Le ferite sono aperte ed ancora bruciano, le offese, i giudizi spregiativi su quello e su quell’altro sono di ieri e non di un secolo fa. La gente, quella che ancora mi ostino chiamare la nostra gente come potrebbe capire una ennesima fusione a freddo di mondi e culture diverse, di modi e sensibilità diverse quali sono ad esempio quelle di LeU e dei renziani. Si tenga conto che fra le alte cose Renzi è o almeno appare ancora come il dominus all’interno del suo partito e a questo si aggiunga che le prese di distanza sono flebili, quasi impercettibili. Voglio quindi essere chiaro fino in fondo, non solo Renzi ma il renzismo nel suo insieme sono e restano ostacolo insormontabile. E allora? Si rinuncia a tutto? Ci si rassegna a morire grillini o fascio leghisti? Certamente no. Ma per costruire un argine solido dobbiamo essere consapevoli di dove costruiamo le fondamenta. Lo sappia e faccia svelto il Pd che ancora rappresenta una fascia ragguardevole di elettorato. Molto dell’unità a sinistra è nelle sue mani. Quei dirigenti che non si riconoscono affatto nell’attuale situazione prendano coraggio, prendano in mano la situazione, sappiano ad esempio che la prossima leopolda servirà a micronizzare ancor di più il Pd e a renderlo affine in misura ancora maggiore ad un partito neocentrista, magari aspirante sposo di un centro destra abbandonato da Salvini e dalla Meloni. Se una possibilità di ritrovare un terreno di confronto lo si faccia, lo si faccia subito. E’ la nostra storia che ce lo chiede, è il Paese che soffre che ce lo chiede, ma si faccia in fretta perché la casa brucia.
Remo Rossi