Io non ce l’ho con il Saracino; anzi: sono appassionato di tutti i riti folkloristici che rompono le barriere temporali e fanno rivivere la storia nel presente. Io non ce l’ho con i quartieristi; anzi: sono uno dei pochi che non pensa che il recente quanto esponenziale attaccamento dei giovani verso i quartieri sia riconducibile banalmente alla voglia di far baldoria e di ubriacarsi durante la Propiziatoria. Io ce l’ho con chi pretende elevare la Giostra del Saracino a quello che non è: il Saracino non è un rito autentico, ha ancora molta strada da fare.
Ed è anche inutile che i giornalisti si sgolino tutte le volte per chiedere il riconoscimento dell’Unesco come patrimonio dell’umanità. I contradaioli di Siena, con la targa dell’Unesco, ci coprirebbero qualche toppa sul lastricato di un vicolo. Nel momento in cui si pretende un riconoscimento a livello internazionale, si conferma una volta di più che il Saracino, semmai, è patrimonio della gretta aretinità. C’è chi ne è talmente convinto, fra gli operatori dell’informazione, che grida con linguaggio non proprio degno di Oxford anche dagli spalti della Tribuna A, dieci minuti prima della prima carriera, dando prova di grande e fiera aretinità.
Iniziamo dalle prove, dove peraltro c’è poco da eccepire. L’unico dato è che il 90% dei giovani quartieristi si allaccia il foulard come fosse una sciarpa o – peggio – una kefiah. Evidentemente c’è ancora chi non ha capito che non si indossa il foulard per civetteria. Le note dolenti iniziano per la Provaccia. Una prova a cui partecipano anche musici e figuranti. Insomma, una sorta di prova generale, come fosse un concerto. Oddio. Ci sarebbe già da ridire sull’idea: non si può profanare così l’identità del Saracino, mettendo in scena una pantomima nello scenario sacro di Piazza Grande solo per verificare se le chiarine funzionano bene. Ma poi: musici e figuranti in pantaloni corti, alcuni con il foulard sulle spalle (!!!). Siamo alla Giostra, non alle giostrine della festa a Cesa. Niente da dire sulle Propiziatorie, il cui carattere di “rito dionisiaco” non deve stupire, visto che ne è – giustamente – l’anima. Nell’antichità si propiziava così.
Si arriva al giorno della Giostra. Per mia fortuna, ho assistito solamente un corteo storico del Saracino. E’ il tallone d’Achille di questo evento, una lacuna pesantissima: considerato che le istituzioni ancora si ostinano a voler ritenere il Saracino un evento turistico (poveri noi…), è ben noto che la cosa che più apprezzano i turisti – soprattutto stranieri – è la sfilata. Il fascino dei vestiti storici, gli spettacolari giochi di bandiera, le emozionanti musiche medievali. Dame e soldati che marciano a tempo. Ad Arezzo invece, pur evitando di addentrarmi sulla qualità della marcia e dei vestiti, si vedono: figuranti che parlano fra di loro (“domani sera vieni a cena con noi?”, testuali parole), orologi ai polsi, ancora foulard sulle spalle, scarpe da ginnastica, allineamenti molto approssimativi. Bene invece le esibizioni dei musici e i giochi di bandiera.
Ps: mi sono sforzato di non fare paragoni con il Palio di Siena, i Ceri di Gubbio e la Notte della Taranta (tre eventi autentici). Spero che anche le istituzioni aretine facciano altrettanto, per far crescere questo evento. Che non può vivere in funzione del turismo. I turisti devono essere una conseguenza, non un fine.