Una festa tesa a sensibilizzare i problemi di una categoria di lavoratori che troppo spesso vengono snobbati dai mass media. La festa dei camionisti in corso a Foiano della Chiana ha proprio questo scopo. “Siamo professionisti – dice Giuseppe Brasini (nella foto), presidente della Fita (Federazione italiana autotrasportatori artigiani) della Cna (Confederazione nazionale Artigianato) – e proprio per questo vogliamo poter lavorare al meglio e che ci sia garantita la copertura dei costi minimi. Non dimentichiamoci che in Italia il 90% del trasporto merci avviene su gomma. Il nostro lavoro, quindi, incide molto sull’economia nazionale.
La festa di questo fine settimana sarà un modo per far conoscere la lotta ai nostri diritti”.
Prima di parlare della crisi del settore, è necessario introdurre la questione sui numeri che interessano il settore nella Provincia di Arezzo. “Il nostro territorio conta circa ottocento aziende – fa sapere Mauro Borgogni, responsabile della categoria degli autotrasportatori presso la Cna-Fita – Il trend è però costantemente in negativo già da tempo. Solo qualche anno fa, le aziende erano mille”. Altri numeri: “il 60% di queste aziende – aggiunge Giorni – è costituito dai cosiddetti ‘padroncini’, vale a dire coloro che lavorano con il proprio mezzo. Il restante 40% è costituito da imprese che hanno una struttura più complessa e contano più di un mezzo. La media è di circa tre veicoli per azienda. Riassumendo, i mezzi totali per conto terzi sono sulle 2mila unità”. Altro dato, la mancanza di ricambio generazionale: “su due piedi è difficile stabilire l’esatta media matematica dell’età degli autotrasportatori – spiega Giorni – Possiamo però affermare con certezza che si aggiri sui 40-45 anni”.
E’ Brasini a spiegare poi i motivi della crisi: “i più semplici sono l’aumento dei costi del gasolio e quello dei pedaggi autostradali – dice il presidente della Fita – Il principale rimane però quello di una committenza che non ci garantisce la copertura dei costi minimi aziendali: serve un provvedimento forte e risolutivo”. C’è anche un’altra battaglia che si aggiunge alle altre: “riguarda quella sui costi di accesso alla professione – spiega Brasini – Vogliamo che anche la nostra nazione si adegui ai parametri di quelle facenti parte dell’Unione europea. Se negli altri paesi servono 9mila euro, in Italia occorrono addirittura 50mila di fidejussione”