L’8 gennaio 1981 Isabel Allende, esule in Venezuela, informata della malattia dell’amatissimo nonno quasi centenario, inizia a scrivergli un’ultima lettera. Non lo vede da molti anni, quanti la separano dal Cile, e l’intento iniziale è quello di incoraggiarlo ad andarsene tranquillo. Così nasce il memorabile romanzo “La casa degli spiriti”. Da allora, la scrittrice inizierà ogni nuovo romanzo in quella data. Racconta nell’autobiografico “La somma dei giorni” della trepidazione con cui vive la vigilia del giorno fatidico. Ha già immaginato la sua nuova opera, si è documentata, ma -come diceva nonno Alfredo- un conto è parlà de morte e un altro conto è morì, dunque il momento della prima parola o frase sul foglio porta un’emozione tutta speciale.
Ho deciso che io, da grande, sarò Isabel Allende: adoro come scrive ed ammiro il modo che ha di affrontare e raccontare la vita.
Quando esce un nuovo romanzo lo compro subito, ma con una pazienza che io stessa non crederei possibile, non lo apro fino alla data fatale dell’8 gennaio. Perché? Non so, forse per sentirmi più in sintonia con l’autrice, rispettando ed aspettando il rituale con lei. Racconta in “Paula”, a proposito di quella lettera trasformatasi nella magia di un romanzo, “Il mio corpo eseguiva le sue funzioni come un automa e la mia mente era persa in quel mondo che nasceva una parola dopo l’altra” e così anch’io programmo di perdermi a partire da oggi.
Ora lo guardo, il volume… so che all’interno brulica di personaggi e vicende, intrecci ed emozioni, lacrime, sorrisi, riflessioni. Ancora non l’ho aperto, stasera ci incontreremo: dopo una giornata di lavoro, i bimbi portati in piscina, i compiti, la palestra, la cena cucinata, la lavastoviglie avviata, i panni lavati, finalmente mi accuccerò tra le coperte e libererò la magia, vorticosamente viaggerò nelle parole di questa poetessa in prosa.
Mi querida Isabel, non so se questo romanzo resterà tra i memorabili per me, come “L’isola sotto il mare”, se sarà ricco di suspence come “Il gioco di Ripper”, avventuroso come la trilogia di Aquila e Giaguaro, intenso come “D’amore e ombra”, commovente come “Paula”; se mi immedesimerò nel protagonista come in “Inès del alma mia” o in “Zorro”, o se mi rivelerà qualcosa come “Il mio Paese inventato”, in cui a più riprese ho riconosciuto mia madre nella sua essenza latinoamericana. Ma sin da ora, a libro intonso, ti sono grata per aver ancora una volta regalato una tua idea, un tuo sogno, un tuo pensiero, in quell’alchimia che da poco più di venti lettere genera parole che, stregate, si legano insieme per farci volare.