Una giornata particolarmente ricca, quella che ha concluso la sesta edizione del Cortona Mix Festival (la prima a programmazione ridotta, concentrata a cinque giorni di metà luglio).
La mattina si è parlato della nostra città con la presentazione di Cortona e il suo territorio. Un racconto per immagini di Gianni Brunacci, un bel libro di foto. Alle 11.30 è stata la volta di Elena Favilli, che ha raccontato l’avventurosa storia della pubblicazione del volume Storie della buonanotte per bambine ribelli.
Scritto insieme ad Elena Cavallo in inglese, il libro si rivolge alle bambine e racconta storie di donne coraggiose, come Rita Levi Montalcini o Zaha Hadid, che hanno sfidato lo strapotere maschile nei rispettivi ambiti lavorativi. L’iniziativa è stata finanziata attraverso il crowdfunding, ottenendo un successo inaspettato (oltre 600.000 dollari raccolti) e venendo tradotta in tutto il mondo – da noi per Mondadori.
La mattina è stata anche il momento della conferenza stampa di chiusura, che non ha aggiunto niente di particolare a quanto sapessimo già (qui un riepilogo).
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Il pomeriggio è stato aperto dalla sfilata degli ArchiMossi, una curiosa marchin’ band di violini. A Sant’Agostino si è parlato di Divorziare con stile con il simpaticissimo Diego De Silva (Einaudi), ma anche del nuovo libro di Marcello Fois, Del dirsi addio, presentato da Anna Cherubini (che per un motivo o l’altro abbiamo visto raramente in questa edizione – colpa nostra! – ma che ha un suo stile di conduzione e che vale la pena segnalare). Fois ha parlato di moltissime cose, a partire dalla trama del romanzo e dal tema dell’omosessualità che lo caratterizza. Interessanti, le riflessioni sul rapporto tra arte e vita: secondo lo scrittore, la letteratura non è molto diversa dalla vita. Parla delle cose che l’autore e il lettore (ancora più del primo) conoscono. Lui, che si definisce un lettore compulsivo, ama i libri in cui il lettore partecipa alla costruzione del senso del romanzo. Il libro che ti lascia uguale al termine della lettura, a ben vedere, è solo intrattenimento e ispira diffidenza. Se lo scrittore sa meno del lettore, cosa può interessarlo?
Del dirsi addio è strutturato in quattro tempi (i quattro elementi), perché un libro è tanto più solido quanto più si allaccia a sistemi noti. Ogni romanzo dovrebbe contenere molti libri ed essere una piccola biblioteca ambulante.
Fois è anche sceneggiatore. La differenza tra scrittore di libri e di film sta nel fatto che il romanziere è onnipotente, può inventarsi qualunque cosa, mentre uno sceneggiatore fa parte di una squadra con dei costi da rispettare e delle responsabilità. Fois ammette che preferisce fare il romanziere, e cita a proprio sostegno la frase di Stanley Kubrick secondo cui la prima inquadratura di Barry Lyndon raccontava le prime 68 pagine del romanzo.
Spesso dal romanzo pretendiamo l’adattamento ai tempi televisivi, il che è sbagliato. Il romanzo è il luogo di tutti i sensi, non solo della vista. I grandi classici si rivolgevano a lettori che non si lasciavano influenzare dal solo elemento visivo.
Nel romanzo compaiono alcuni estratti – autentici – da un libro su Leon Battista Alberti scritto da Fois stesso all’età di 13 anni. Di fatto, era un bambino già adulto: ansioso e pieno di aspettative, malinconico ed “eroico” nel senso romantico del termine.
Fois ha concluso leggendo alcuni estratti del romanzo e raccontando aneddoti legati all’insofferenza (bonaria) dei figli nei confronti delle sue velleità di scrittore.
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Alle 19.15 è stato il turno di Hanif Kureishi, il peso massimo – dal punto di vista letterario – di questa edizione (in assenza del premio Strega, rimasto in montagna). Lo scrittore anglo-pakistano, presentato da Lorenzo Pavolini, ha parlato del suo ultimo romanzo Uno zero (The Nothing). Il regista Waldo, all’età di sessant’anni, teme che la moglie lo tradisca e sente che la sua vita non vale nulla. Waldo si sente una nullità anche perché sente il fallimento degli ideali della sua giovinezza, quelli della libertà e tolleranza degli anni ‘60.
La situazione politica contemporanea è piena di problemi. Negli anni ‘60 e ‘70 si parlava di differenze tra classi, oggi si è tornati a parlare di differenze di razza, cultura, religione, orientamento sessuale.
Da giovani, afferma lo scrittore, guardavamo con orrore agli adulti (“spero di morire prima di invecchiare”, come cantavano gli Who), ma la situazione è ovviamente cambiata: oggi c’è un nuovo modo di invecchiare. L’immaginazione è pericolosa, afferma Waldo, e la presenza di così tanti pensatori e artisti in carcere nel mondo né è la prova. Bisogna distinguere tra fantasia e immaginazione: la prima è un esercizio mentale sterile, la seconda ambisce a creare verità nuove.
Kureishi è legato al pensiero di Freud e in modo particolare all’opera di Philip Roth: quando negli anni Ottanta fu accusato di parlare negativamente della comunità pakistana di Londra, si rivolse a Roth per chiedergli come comportarsi, visto che negli anni Cinquanta aveva subito gli strali della comunità ebraica newyorkese per Il lamento di Portnoy. “Infischiatene”, gli rispose Roth, consigliandogli anche di dedicarsi ai romanzi più che ai film, per la maggiore libertà che ha il romanziere (il che ci riporta a Fois, guarda un po’).
Kureishi è molto disponibile e si è rivolto al pubblico chiedendo se ci fossero domande, visto che “spesso agli eventi con gli scrittori vanno gli scrittori”.
Pavolini gli chiede in che modo le storie di finzione possono contribuire a rivendicare la complessità della nostra epoca, vale a dire a dissipare i vapori tossici del razzismo. Di fatto, gli risponde lo scrittore, si diventa narratori per raccontare le storie che nessuno racconta, perché servono più idee, più comunicazione e più dialogo.
Kureishi ha votato e sostenuto la campagna di Jeremy Corbyn, idolo dei giovani così come lo era stato Bernie Sanders. Avendo figli di vent’anni, è molto legato ai bisogni e alle esigenze dei giovani, anche perché vede in questo nuovo radicalismo un qualcosa di molto simile alle lotte dei tardi anni ‘60.
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La giornata si è conclusa in musica, attraverso il concerto dei Baustelle e l’Aftermix con i dj in Fortezza. Il concerto è stato partecipatissimo (si parla di oltre un migliaio di biglietti) e non ha deluso le aspettative: il palco dei nostri dirimpettai (di Montepulciano) offriva tantissimo, sia sotto il profilo musicale che sotto quello dell’immagine. La scaletta comprendeva sia i brani dell’ultimo disco (L’amore e la violenza), sia una selezione di canzoni degli album precedenti. In più, una cover “d’amore e di violenza”, vale a dire la splendida Henry Lee di Nick Cave e Pj Harvey.
Vorremmo raccontarvi anche di quello che è successo nella festa finale in Fortezza, ma se ci fossimo andati non avremmo potuto scrivere questa mattina… sicuramente si saranno divertiti.
A domani, con le somme di questo sesto Mix!