Aboliamole queste maledette provincie, fonte di spreco e dissoluzione, aboliamo questo baluardo corporativo di una classe politica inetta e incapace di riforme. Da un po’ di tempo sembra che i mali d’Italia dipendano tutti da questo “pezzettino” di stato che trova la sua origine nell’ormai lontano 1859. Ogni nefandezza, sprechi, scarsa produttività, sovrapposizioni amministrative, burocrazia sono tutte riconducibili alla provincia. Credo che meriti fare un po’ di chiarezza anche per coloro, esimi commentatori politici di giornali nazionali, che nella loro furia iconoclasta dimostrano di avere scarsa dimestichezza con il problema.
Le provincie italiane sono 110, tante o poche? Dipende da come funzionano e dal numero degli abitanti che rappresentano, indubbiamente avere provincie di 57.000 abitanti come quella dell’ Ogliasta, oppure di 88.000 come quella di Isernia qualche perplessità la suscita. Però ci andrei piano nel prendere a pretesto casi limite per dimostrare che è tutto sbagliato, il motivo è molto semplice, alle Provincie sono stati attribuiti tutta una serie di compiti che qualcuno, bene o male, deve svolgere. Cito a memoria, controlli e autorizzazioni in materia ambientale, pianificazione territoriale, sviluppo economico, manutenzione strade (provinciali e regionali), edilizia scolastica, competenze in materia di agricoltura, caccia e pesca, formazione professionale. Abolendo le provincie si aboliscono anche le competenze? No di certo ed allora chi sarà chiamato a svolgerle? Un eventuale, grosso risparmio, verrebbe non dall’abolizione degli organi di rappresentanza (Presidente, Giunta Consiglio) ma solo e soltanto dal “licenziamento” dei dipendenti. A parte il fatto che non è possibile mandare a casa tutta questa gente mi si deve spiegare con quali forze si intenderebbero portare avanti i compiti a cui oggi è chiamata la provincia. Ridistribuendo il personale tra comuni e Regioni? Ed allora dove sarebbero i vantaggi economici? Appare quindi in tutta la sua portata la valenza ideologica, per non dire demagogica, di chi fa dell’ abolizione delle Provincie il suo cavallo di battaglia. Una facile scorciatoia per non affrontare con serietà i problemi veri che assillano il nostro paese. Perché invece non viene portata avanti con la dovuta determinazione la riforma delle aree metropolitane? Una riforma che porterebbe alla diminuzione del numero delle provincie togliendo di mezzo quelle che coincidono con le città metropolitane. Basta fare due conti per capire quale potrebbe essere il peso di questo provvedimento, le città interessate sarebbero Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Roma, Venezia, Cagliari, Catania, Messina, Palermo e Trieste per un totale di circa 23 milioni di abitanti. E’ un esempio ma rende bene l’idea, oppure perché non si da una bella sforbiciata a tutti quegli “enti inutili” di cui parlano con dovizia di particolari Stella e Rizzo? Inutili nel vero senso della parola, strutture che vivono solo in funzione di se stesse. Ed allora credo che il PD abbia fatto proprio bene ad astenersi sul provvedimento che voleva l’abolizione delle provincie anzi, per quanto mi riguarda, avrebbe dovuto votare contro non per proteggere lo “status quo” ma per dare un segnale di serietà. Un Partito non va dietro alle mode del momento a costo di scontentare i benpensanti di turno che blaterano sulla cancellazione delle provincie senza nemmeno sapere che questo provvedimento porterebbe risparmi risibili, aprirebbe un vuoto istituzionale e nella sostanza peggiorerebbe il rapporto istituzioni cittadini. Ma poi alla fine a loro cosa gli interessa, l’importante è dare fiato alle trombe e rispolverare il guardaroba radical chic che è sempre buono in ogni occasione. Ma di questo avremo ancora modo di parlare.
IL SANSEVERO