Alla faccia dei profeti di sventura, dei battutisti da spirito di patata e degli pseudo-sociologi letti in questi giorni su Facebook e (purtroppo) anche su parte della stampa il Toscana Pride ad Arezzo si è svolto in assoluta tranquillità, con ottimo successo (si legge di 10mila presenze).
Una marea di esseri umani festanti, fra tamburi e musiche, ha percorso pacificamente le strade di Arezzo, dal Prato giù per Corso Italia, via Guido Monaco e ancora su fino a Piazza Sant’Agostino per il gran finale.
Tantissime persone di tutti gli orientamenti sessuali si sono unite nella richiesta prima di tutto di rispetto, poi della parità di diritti che a loro avviso non può esaurirsi con la legge sulle unioni civili. Nel corteo anche i gonfaloni di Regione Toscana e di molti comuni, anche della Valdichiana.
I tanto evocati eccessi, come era peraltro ovvio (bastava conoscere certe manifestazioni, di cui scrissi già l’anno scorso in occasione del Toscana Pride svolto a Firenze), non ci sono stati e il corteo si è popolato di uomini, donne, bambini in festa. Punto.
Lezione di stile, quindi, da questo “orgoglio incontenibile” che ha ravvivato Arezzo col sorriso ben stampato in faccia. Figuraccia pietosa per le categorie prima elencate, a cui ci tocca purtroppo aggiungere i pochi enti locali che hanno scelto di non patrocinare una manifestazione che tutto è stata fuorchè divisiva e faziosa.
Fra 365 giorni si raccomanda un atteggiamento diverso per evitare una nuova figura barbina.