E’ nelle nottate invernali come quelle appena trascorse che non posso fare a meno di fantasticare che Carlo Collodi, che aveva un padre nato a Cortona ed uno zio che abitava qui da noi (se volete posso, in una prossima occasione, confortare questa mia affermazione presentandovi gli atti di Stato Civile che ho scoperto presso l’Archivio di Stato di Firenze), possa aver vissuto qualche giornata nella nostra città, magari in visita ai nonni e allo zio, e abbia poi ripensato alle nostre Piazze e vicoli d’inverno quando ha scritto la sua opera più famosa, Pinocchio
“ Per l’appunto era una nottata d’inferno, tonava forte e un ventaccio freddo e strapazzone sollevando un immenso nuvolo di polvere faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna….. “
Forse bisogna aver dormito dalle parti di Porta Colonia o di Porta Montanina, o nella zona intorno a “Bramasole”, per ritrovarci queste descrizioni e sentire quel vento che fischia dentro i camini e gli “spifferi” gelidi che entrano da sotto le porte o d alle finestre.
Pensateci: siete mai arrivati in paese in una di queste serate in cui “bufa”, come si dice qui da noi, e anche voi, come Pinocchio, non avete trovato: “tutto buio e deserto… Le botteghe erano chiuse, le finestre chiuse, e nelle strade nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti”
Voi direte: tu sei nata lì, conosci quell’ambiente e sei portata a trasferire i tuoi ricordi infantili nelle immagini dei libri che leggi. In realtà, però, molte persone che ho conosciuto che hanno amato anche loro questo libro e che per caso si sono trovate a soggiornare nelle zone di Cortona più esposte alle intemperie o nelle Piazze o nei vicoli dove il vento fa i mulinelli, mi hanno confermato che la loro fantasia ha registrato le stesse impressioni.
Sarà un caso, però……
A Cortona non è mai stato dato granchè peso a questa “quasi origine” cortonese di Carlo Collodi e non si è mai pensato al ruolo che Cortona può, almeno in minima parte, aver avuto sulla sua opera.
Forse, considerandolo soltanto un autore di libri “per ragazzi” a Cortona non lo si è ritenuto degno di uno studio critico?
Ma se Pinocchio fosse solo un “libro per ragazzi”… perché per analizzare questo testo si organizzano tuttora in tutto il mondo innumerevoli congressi con scrittori, critici, psicanalisti, studiosi delle religioni, filosofi? E perché tutti questi studiosi sono d’accordo nel ritenerlo un capolavoro della letteratura? Tutti hanno concordato che la semplicità di Pinocchio è solo apparente e che proprio questa è la sua grandezza.
Non per niente questo romanzo è stato tradotto in 260 tra lingue e dialetti e ne sono stati ricavati numerosi films, cassette e anche edizioni in versi. E quante mostre vengono ancora allestite in Italia e nel mondo?
Collodi, o Carlo Lorenzini (questo è il suo vero nome), non era uno scrittore per ragazzi, ha scritto Pinocchio solo pochi anni prima di morire ed è morto prima di poter rendersi conto del successo raccolto da quest’opera. Per tutto il resto della sua vita aveva, con successo, seguito la sua vocazione di giornalista. E che giornalista! Se voi leggeste anche solo alcuni dei suoi articoli vi rendereste conto della sua modernità sia di linguaggio che di stile che di approccio al mondo.
Ha iniziato a scrivere cose per ragazzi solo nell’ultima parte della sua vita per “impegno civile” perché dopo aver tanto combattuto perché nascesse l’ Italia sapeva che questa non avrebbe potuto mai consolidarsi se non si fosse formata una vera coscienza nazionale nei suoi cittadini. Coscienza per raggiungere la quale era indispensabile sconfiggere prima la fame e poi l’analfabetismo che affliggevano la sua popolazione.
L’unico modo per far appassionare i ragazzi allo studio poteva essere – secondo lui – scrivere per loro libri che li incuriosissero e li divertissero. Vedi le varie storie di Minuzzolo e Giannettino, scritte per divulgare discipline scolastiche come la storia, e la geografia .
Ma la “Scuola” e la “Cultura” non hanno mai apprezzato che le cose siano rese semplici da capire e divertenti da studiare e non hanno riconosciuto dignità a coloro che diffondevano il sapere in modo chiaro ed immediato. E ci possiamo immaginare perché..