Come ogni Natale anche quest’anno si fa un gran parlare, nei social e (forse) anche nella vita reale, di come le nostre cittadine affrontano quella che ormai è diventata una grande sfida, commerciale e di immagine: la sfida delle Feste. Una battaglia che secondo un comune sentire si vince a suon di presenze, di corsi pieni di gente, di eventi, di babbi natale, di lanterne lanciate per aria, di luci per le strade e addobbi, di musichine e giochetti per i bimbi, di appuntamenti mangerecci e mercatini sempre un po’ tirolesi.
Secondo tale comune sentire si sostiene che bisogna portare la gente nelle nostre città in grande numero e per farlo bisogna organizzare eventi di grande attrattiva, quindi con quello che il pubblico desidera (cioè le cose che ho elencato sopra).
Bisogna portare gente perchè è bello e perchè così l’economia carbura, il residente ha occasioni per divertirsi, il buon nome della città è onorato e ci si sente orgoglioso di esserne parte.
Più gente si porta e più si vince.
Lasciando da parte ogni valutazione in merito a quanto sia corrispondente al reale e quindi realmente sensata questa teoria dominante da alcuni anni (ho già scritto sul tema l’anno scorso), voglio analizzare il pensiero a essa conseguente, ponendomi una domanda.
Abbiamo visto che da un po’ tutte le realtà locali, quando arriva il Natale, si muovono. L’ha fatto Arezzo, lo fa Cortona, lo fa Montepulciano, lo fanno ormai anche le cittadine più piccole che hanno tutte un proprio programma di eventi, una propria proposta, le loro luci e addobbi, un volantino per promuovere tutto ecc ecc
Esistono però 4 tipi di teorie riguardo a quello che un’Amministrazione Comunale dovrebbe fare di fronte alla “sfida del Natale” e di come dovrebbe porsi con gli altri soggetti attivi di una città (es: commercianti, residenti)
– Il Comune organizzatore. Secondo questa visione il Comune dovrebbe destinare fondi e risorse in prima persona creando eventi da solo. Quindi, intendendo il Natale come priorità, ci si dovrebbe investire soldi pubblici.
– Il Comune coordinatore. Tale teoria, invece, non considera obbligatorio che il Comune metta soldi e organizzi in prima persona, ma chiede che si faccia carico di coordinare le iniziative di altri, dando anche un’impostazione di fondo che ottenga un risultato nel complesso coerente e degno.
– Il Comune collaboratore. Secondo tale pensiero, che a volte si unisce a quello appena sopra, un’amministrazione deve limitarsi a fornire il supporto tecnico affinchè altri possano organizzare sostanzialmente quello che credono giusto, con i loro soldi.
– Il Comune non presente. Tale teoria, certamente minoritaria, è quella che rozzamente si può riassumere come un laissez-faire o un non expedit: al Comune non compete il Natale, deve pensare ad altro, ci pensino da solo gli altri.
Quale è la teoria migliore? Quale quella più giusta?
Beh, io mi limito a dire che, secondo me, il Comune dovrebbe evitare gli scempi.
Prima di tutto, quindi, dovrebbe lavorare alla difesa dell’immagine di una città che rientra inevitabilmente in un’impostazione e visione politica più generale, quella che ogni Giunta dovrebbe avere e cercare di imprimere una volta che va a comandare.
Un Comune è infatti una cosa seria e ha un suo ruolo e una sua entità indipendente e di comando. Non può nè essere una mucca da mungere, nè un generatore automatico di selfie e/o comunicati stampa, nè un organizzatore di eventi, nè allo stesso tempo disinteressarsi di tutto. Perchè aldilà della sfida del Natale, come detto, c’è da far andare le cose in direzione del bene comune e, se necessario, da prevenire danni derivanti da (eventuale) manifesta incompetenza altrui.
Tutto questo, ovviamente, ammesso che un’impostazione politica esista.
Su questo, in molti casi, ho dei seri dubbi.