Torna il Musical al Teatro Signorelli di Cortona con un allestimento di grande impatto visivo ed emotivo di “Cabaret” che porta la firma di Saverio Marconi e della Compagnia della Rancia. Inevitabile il confronto col grande musical di Joe Masteroff del 1966 e con la interpretazione di Liza Minnelli e Joel Grey nella versione cinematografica del 72.
Inevitabile anche il confronto con le grandi produzioni internazionali di commedie musicali, firmate STAGE Entertainment o M.A.S. che, negli ultimi anni, stanno portando in Italia allestimenti sensazionali del calibro di “Mamma mia!” “Footloose” “Priscilla la regina del deserto”.
“Cabaret” di Saverio Marconi è un’altra cosa.
Il regista marchigiano è alla sua terza rivisitazione di questa commedia americana, che per sua stessa dichiarazione, ha un posto speciale nel suo cuore e nella sua carriera artistica. La prima, più legata al film di Bob Fosse, risale al 1992. La seconda, con la Hunziker, più glamour, è del 2007.
Per questa versione, quella della maturità artistica, quella del trentennale con la Compagnia della Rancia, da lui stesso fondata, Marconi spoglia il suo “Cabaret” degli orpelli e punta sulla riflessione.
L’ambientazione nella Berlino dei primi anni trenta, alle prese con l’ascesa del nazismo, diventa un occasione per meditare sulle grandi trasformazioni dei nostri giorni, di cui (oggi come allora) non si vuole prendere coscienza, chiusi negli egoismi, impegnati a difendere quegli spazi personali oltre i quali sembra non esistere nulla.
E in quella Berlino che cambia, sotto lo sguardo inerme di un popolo che, per buona parte, si lascia imbonire dalle canzonette, si muovono i personaggi di “Cabaret”. La giovane soubrettina Sally Bowles,interpretata da Giulia Ottonello, che aspira a diventare una stella, anzi un “pianeta” (come dice lei stessa) del cinema e nel frattempo si guadagna da vivere in un locale di bassa lega, il Kit Kat Klub esibendosi per marinai e avventori in cerca di piacere. Lo scrittore americano di belle speranze, Cliff Bradshow, in cerca di ispirazione per il suo primo libro. E poi Fraulein Shneider, Altea Russo, l’attempata signorina che gestisce la pensione dove si svolge la vita, quella reale, quella fuori del Kit Kat Klub, nelle cui camere si consuma la passione tra Bradshow e Sally, dove le ballerine “arrotondano” concedendosi ai marinai di passaggio in città, dove nasce e si consuma il tenero amore impossibile tra l ‘affittacamere e Her Shultz, Michele Renzullo, l’ebreo venditore di frutta.
Su tutti, la figura del Maestro di Cerimonie, Giampiero Ingrassia, l’imbonitore, il clown col viso incipriato, macabro e ammiccante nel suo frac nero che invita i passanti ad entrare nel Kit Kat Klub, nel “Paese dei balocchi”, dove lustrini e belle gambe sono quello che ci vuole, secondo lui, per dimenticare i problemi.
Un personaggio complesso che sembra cucito addosso al bravo attore italiano. Impeccabile nel canto e nel ballo, una mimica eccezionale e l’esibizione di un MC a tratti a limite del lascivo che, però, non scade mai nel cattivo gusto.
Così come eccezionale è tutto il cast della Compagnia della Rancia. Già collaudato con successo, in un’altra commedia musicale “Frankestain Junior”.
Ma qui non si ride. La sfida è un’altra.
Portare il teatro nel teatro, invadere la platea eliminando il sipario. Mettere il pubblico davanti a una realtà cruda essenziale quella del nazismo che si fa strada tra la popolazione con la paura, che la gente si piega ad accettare senza comprenderlo, perdendo amici e amore, cercando l’oblio nel cabaret.
La scenografia, curata da Gabriele Moreschi e dallo stesso Marconi, si riduce, così, ad un drappo bianco sollevato a vista dagli addetti ai lavori a separare l’effimero mondo del Kit Kat dalla vita reale. E gli schemi classici del musical saltano subito, a inizio spettacolo, insieme all’insegna luminosa Cabaret che rimane a penzolare per due ore.
La rossa Giulia Ottonello, nei panni che furono dell’indimenticabile caschetto nero di Liza Minnelli, non si perde in confronti con l’ “ingombrante” Sally da premio Oscar e si offre al pubblico in una interpretazione teatrale personalissima, frivola e ammiccante ma anche tormentata e drammatica confermando altresì quelle doti canore che di lei già si erano apprezzate. Mauro Simone, novello Bradshow, è una spalla perfetta per l’attrice, difficile per lui emergere in un ruolo così “normale” che prevede solo due brevi momenti musicali.
Applausi meritatissimi per Valentina Giullace che si conferma attrice eclettica, nei panni di Kost, spudorata ragazza del Kit Kat che si vede agli avventori del Klub un po per piacere un po per far soldi. Per lei il premio come Migliore attrice non protagonista agli OIM ( Oscar Italiani del Musical) per la sua Inga in Frankenstein Junior.
Anche la signorina Shneider non sarà dimenticata.
Altea Russo, nei panni dell’attempata affittacamere tuttofare, si ritaglia un posto nella memoria degli spettatori con un duetto insieme a Renzullo e… ad un ananas, di rara grazie ed effetto ed un monologo sul suo destino ineluttabile di zitella, costretta dalla minaccia delle persecuzioni a rinunciare al suo amore per il fruttivendolo ebreo e destinata a cavarsela sempre da sola.
Musica forse troppo alta nei momenti di canto delle ballerine.
Il finale lascia tutti… a pensare. Passerella senza musica per gli attori a fine spettacolo a sottolineare l’urgenza di una riflessione seria su futuro che stiamo costruendo oggi, come in quegli oscuri anni trenta che avrebbero sconvolto l’Europa.