{rokbox title=| :: foto: repubblica.it |}images/fracci.jpg{/rokbox}Oltre alla tragica morte dei soldati italiani in Afghanistan, che per un grottesco caso di coincidenza è arrivata a ridosso di una edizione della Marcia della Pace Perugia-Assisi più partecipata rispetto agli ultimi anni, la notizia di queste ore è lo “sbrocco”, per dirla all’aretina, di Carla Fracci che se l’è presa pubblicamente con il Sindaco di Roma Alemanno urlandogli “Vergogna, vergogna farabutto!” all’assemblea romna organizzata dai sindacati contro il decreto di riforma delle fondazioni liriche. La Fracci protestava per il mancato rinnovo, da parte di Alemanno, del suo contratto di direzione del corpo di ballo del teatro dell’opera romano.
“E’ giusto voltare pagina” ha risposto Alemanno, aprendo secondo me un tema importantissimo come quello della promozione da parte del “pubblico” della cultura nel nostro paese e trasformando una questione personale in qualcosa di più generale.
Dal “chiudiamo i rubinetti” di Brunetta in poi, coi susseguenti tagli al FUS, il tema avrebbe infatti meritato un approfondimento maggiore. Giusto parlare di crisi, di emergenza occupazionale, ma un po’ di spazio anche a certi argomenti ci vorrebbe, tanto per non chiudersi definitivamente nel presente e ritornare a pensare al nostro paese come uno dei principali “generatori di cultura” su scala mondiale. L’impressione mia è questa (correggetemi se sbaglio): finchè governa la sinistra i fondi per la cultura ci sono, anche se vanno generalmente sempre agli stessi personaggi che occupano i posti da almeno 30-40 anni. Quando governa la destra si taglia, ma lo si fa quasi con intento vendicativo, da “repulisti”, senza peraltro sostituire il vecchio con un nuovo all’altezza. Se “sbrocca” pure una tranquillona come la Fracci, donna ben nota oltre che per le sue doti di ballerina anche per la sua proverbiale morigeteratezza, secondo me c’è qualcosa che veramente non va e la protesta non si può ridurre soltanto a gente che si incavola per la perdita di decennali privilegi personali.
OK, basta coi vecchi soloni foraggiati dalla sinistra, ma largo al merito, quello vero, senza colori politici o vendette. Siamo certi che dal “sistema cultura” pubblico italiano adesso venga promosso veramente il meglio? Analizzando i casi dal basso verso l’alto (dai comuni alle province, alle regioni, allo stato) i dubbi vengono. E tagliando i fondi il senso di “rimediaticcio” aumenta, basta vedere ogni anno i soldi spesi dai nostri comuni per finanziare festival e altre iniziative culturali per avere questa impressione. O platee semi-vuote, o eventi di qualità inesistente (le eccezioni sono poche). A questo punto, senza voler risultare paladino di privatizzazioni e libera economia, mi chiedo se sia ancora veramente giusto che lo Stato, ereditando di fatto uno spirito da MinCulPop o da mecenatismo alla Giulio II°, debba per forza continuare a spendere per mantenere l’arte. Forse l’arte avrebbe tutte la carte in regola per cominciare ad alimentarsi da sola?