{rokbox title=| :: |}images/calcit.jpg{/rokbox}E’ con grandissimo piacere che registriamo anche quest’anno l’abbattimento del record di incasso registrato al mercatino del Calcit di Arezzo, tenutosi domenica scorsa. 132.224 euro, 124 euro più del record precedente (risalente al 2008). Un buon viatico anche in vista dell’appuntamento cortonese, che ogni anno dà una mano importante al Calcit Valdichiana rivelandosi inoltre un’importante occasione di solidarietà e socialità. Sono uno di quei giovani cresciuti col mercatino, grazie anche all’opera delle nostre maestre elementari, ho avuto poi la possibilità di conoscere di persona, per lavoro, persone straordinarie come Gianfranco Barulli, storico presidente del Calcit aretino e quindi ricevere conferma del successo di questo evento mi fa molto piacere.
C’è però da registrare una cosa che sicuramente non è sfuggita agli occhi più attenti e che trascende dall’attività del Calcit stesso e ha un significato sociale più vasto. Girando fra i banchi di quest’anno era facile accorgersi di come i comportamenti degli “acquirenti” siano cambiati negli ultimi anni. Ormai il mercatino sta diventando non più tanto occasione per fare una donazione a chi fa del bene, comprando qualcosa di più o meno superfluo donando 5 o 10 euro a chi siamo certi ne farà un buon uso di utilità collettiva, ma si sta tramutando in occasione di comprare risparmiando. Ad esempio: visti i prezzi dei giocattoli nuovi, molti genitori sono stati ben contenti di accontentare i figli con l’usato “scoperto” fra i vari banchi. Ma c’erano anche i vestiti, le scarpe e tanti altre cose che fino a qualche anno fa avremmo comprato solo nei negozi, o al massimo al mercato. Questo (e non c’entra niente il Calcit e la sua lodevole operosità) è un segnale di povertà, o perlomeno di crescente attenzione a non fare sprechi. Un’attenzione che di certo non c’era qualche anno fa.