La Pala di S. Giuliano – pertinente alla grande tavola della “Madonna in trono col Bambino, i santi Pietro, Paolo e Giuliano e l’Arcangelo Michele” – era costituita da quattro scomparti, ognuno dei quali è un dipinto su tavola di 25x 58 cm circa. Da un’iscrizione sul gradino del trono si evince che la Pala è stata eseguita nel 1486 su committenza di Cristiano di Pietro di Cecco, maniscalco.
Gli scomparti della predella illustrano la vicenda terrena ed umana di Giuliano, rappresentato nella Pala come santo che si avvicina reverente e perennemente desideroso di espiazione al cospetto di Cristo. Si tratta indubbiamente di una figura molto particolare, la cui tormentata esistenza sfociata nella santità doveva essere di non facile comprensione per i fedeli. La predella, destinata ad una visione ravvicinata da parte del pubblico, è stata concepita per spiegare meglio come un uomo che aveva ucciso entrambi i genitori fosse divenuto santo.
Dal punto di vista artistico, si tratta di un’opera di grande valore, per la completezza delle notizie sugli episodi della vita di San Giuliano e per l’elevato livello raggiunto da Bartolomeo della Gatta che dimostra in esse “perizia calligrafica da cui non è estranea la sua attività di miniatore” come scrive Paola Refice.
L’opera della Collegiata di S. Giuliano dovette essere di poco successiva al San Francesco che riceve le stimmate, oggi conservata nella Pinacoteca Comunale. Fu elogiata dal Vasari soprattutto per l’espressione di San Giuliano che sembra fissare gli occhi al Bambino in braccio alla Madonna e “pare che molto si affligga d’aver ucciso il padre e la madre”.
Bartolomeo della Gatta (Pietro di Antonio Dei 1448- 1502) operò a Castiglion Fiorentino in età matura, dopo le opere aretine, alla luce dell’esperienza compiuta a Roma, nella cappella Sistina nel 1482. L’artista, monaco camaldolese, fu abate di San Clemente ad Arezzo