Era prevedibile che il post-referendum, se a livello nazionale ci si concentra sul pro/contro Berlusconi, ad Arezzo sarebbe finito sul pro/contro Nuove Acque e la gestione del servizio idrico nella nostra provincia. L’abrogazione delle norme oggetto dei quesiti avrà effetto, ora c’è da capire se cambierà qualcosa nella realtà esistente. Arezzo, nel 1999, fu realtà pilota nel processo di privatizzazione: negli anni questo tipo di gestione, con 37 comuni (di cui 5 della Valdichiana senese) coinvolti, ha portato ad una mole di investimenti ingenti, con grandi miglioramenti della rete, ma anche tariffe agli utenti fra le più alte d’Italia e accuse di aver creato un “carrozzone” politico.
Adesso il comitato referendario, invocando una nuova legge nazionale che vada in direzione di una totale ri-pubblicizzazione parla anche di “bocciatura” degli aretini verso l’operato di Nuove Acque. Da parte sua la società risponde coi dati, recentissimi, della “customer satisfaction”, la soddisfazione dei clienti, che tocca il 90%.
Per il Presidente di Nuove Acque Paolo Ricci il risultato referendario non cambierà praticamente nulla ad Arezzo. Nuove Acque starà al suo posto fino al 2024, e forse anche dopo. Un contratto 25ennale lega infatti l’Aato4 a tale società, che è controllata per il 54% dai comuni e per il resto da un consorzio di cui fanno parte Suez, Acea, Monte dei Paschi e Banca Etruria; rompere il contratto comporterebbe una penale ingentissima.
Secondo i referendari, però, il vuoto normativo creatosi dovrà essere colmato dal parlamento con una nuova legge che potrebbe andare in direzione della totale ripubblicizzazione e quindi rivoluzionare la situazione esistente. Inoltre, secondo i referendari, la vittoria del Sì al secondo quesito, togliendo la possibilità della remunerazione del capitale investito, potrebbe finire per allontanare l’interesse dei privati a investire, prospettiva che è però smentita da Nuove Acque stessa. Infine, altro punto dove l’interpretazione è divergente, quello degli effetti dei referendum “in tariffa”. I referendari dicono che si potrà osservare subito un calo di circa il 20%, smentito totalmente dal Presidente di Nuove Acque.
Il tempo ci farà capire chi ha ragione. Intanto c’è da chiedersi tre cose. La prima è se davvero il voto referendario aretino, di per sè molto simile a quello nazionale, possa avere un legame con Nuove Acque e quanto invece dipenda da altri fattori. La seconda è: Nuove Acque potrebbe fare meglio? La terza è: in assenza di Nuove Acque e dell’attuale organizzazione della gestione dei servizi quale potrebbe essere un modello vincente per ottenere servizi di alta qualità (derivanti da grandi investimenti) preservando il controllo pubblico e contenendo i costi ai cittadini?