«Il nostro grano di qualità non si vende, il prezzo proposto dalla domanda del mercato è inaccettabile. Questo anche perché siamo sommersi da grani esteri, tutt’altro che sicuri dal punto di vista salutistico, che falsano il mercato, non rispettando i veti previsti dall’Italia nella fase dei processi produttivi. Il grano italiano sta morendo, per mano di chi mette i nostri produttori in una condizione di debolezza contrattuale».
È questo il grido di allarme lanciato dal presidente della Cia Siena Luca Marcucci, intervenendo questa mattina al casello A1 Valdichiana, a Bettole (Sinalunga, Siena), dove è stato celebrato un vero e proprio funerale del grano italiano, con tanto di marcia e corteo funebre. Oltre 500 gli agricoltori che, con i loro trattori, hanno manifestato a difesa del loro reddito, del proprio lavoro e del grano italiano.
L’annata agraria 2016 è stata caratterizzata da buone rese in Italia – prosegue la Cia Siena – ma non altrettanto nel Sud della Toscana. Le produzioni nazionali di grano duro hanno superato i 5 milioni di tonnellate, che non hanno impedito di effettuare, comunque, inopportune importazioni a solo scopo speculativo. Le quotazioni di mercato sono ancora ben al di sotto dei 20 euro al quintale, le stesse produzioni biologiche non riescono a superare i 25 euro di valore. Prezzi ben al di sotto dei costi di produzione senza portare nessun vantaggio per i consumatori considerato che i prezzi della semola e della pasta restano stabili se non in aumento.
Ovvio – sottolinea la Cia Siena – che non può funzionare una filiera che vede un quintale di pasta pagato 180 euro dal consumatore e un quintale di grano duro pagato 18 euro al produttore agricolo. Troppo ampia ed ingiustificata la forbice. «Si sta assistendo a comportamenti di vero e proprio sfruttamento – ha aggiunto il direttore Cia Siena Roberto Bartolini -. Oggi il raccolto di 6 ettari seminati a grano basta appena per pagare i contributi di una famiglia media agricola. Le aziende sono oggetto di una speculazione senza precedenti, con sistema industriale e commerciale che impongono ai produttori condizioni inaccettabili». In più, ha concluso il direttore della Cia Siena, «gli agricoltori sono costretti a competere con importazioni ‘spregiudicate’ dall’estero (+10% solo nei primi 4 mesi del 2016), da parte di operatori commerciali che stanno svuotando le scorte in condizioni di dumping».