Considerando la recente ribalta mediatica del Sindaco castiglionese Agnelli e il perdurare del tema “emergenza – migranti” nello sfogatoio dei social, mi sembra opportuno avviare un piccolo ripassino – riflessione su come stanno andando le cose nelle nostre realtà locali. In questo caso, a mio avviso, alla percezione mediatica non corrisponde la realtà.
Pur costando molto allo Stato (e alla Comunità Europea) la cosiddetta “emergenza” non ha portato per ora conseguenze particolari nella nostra vallata che come tutte le zone d’Italia ospita un buon numero di richiedenti asilo (nelle varie forme previste)
Da noi in alcuni (sporadici) casi i Comuni hanno optato per la gestione diretta dell’accoglienza e ciò, almeno a sentire il Sindaco di Torrita (comune che ha scelto quella via), ha permesso di accumulare un avanzo calcolato in 45mila euro annue (23 per il secondo semestre 2015 e, appunto, 45 per l’anno 2016), che sono state e saranno investite nel settore sociale, andando quindi a beneficio delle famiglie torritesi in difficoltà e anche della popolazione in generale (es: con tali fondi si provvede anche all’acquisto di uno scuolabus e 12 defibrillatori).
Nel resto dei Comuni, anche a causa dell’assenza di strutture pubbliche utilizzabili per una gestione diretta, il sistema è stato quello dell’affidamento dell’accoglienza dei migranti dallo Stato a soggetti vincitori di appositi bandi: si tratta di soggetti privati, in buona parte cooperative singole o consorziate che ricevono “in carico” dalle Prefetture un determinato numeri di migranti e devono provvedere all’accoglienza, al mantenimento, alle spese mediche ecc. ecc. utilizzando risorse economiche statali loro fornite (i famosi “35 euro al giorno”), seguendoli nel percorso di richiesta di asilo fino al giorno in cui essa riceverà una risposta positiva o negativa da parte di un’apposita commissione.
Tale accoglienza nella nostra area si concretizza essenzialmente in abitazioni che i soggetti gestori prendono solitamente in affitto da privati e nelle quali collocano un certo numero di richiedenti asilo. Ciò nel rispetto di un numero massimo in ogni Comune (stabilito dalle Prefetture).
Al momento non si segnalano episodi relativi a problematiche di ordine pubblico legate a queste “presenze”, evidentemente anche grazie al buon lavoro svolto dai soggetti che si occupano dell’accoglienza e alla correttezza sia dei migranti che dei cittadini.
In tutto questo processo il ruolo dei Sindaci, spesso chiamati a sproposito in causa, è sostanzialmente ininfluente: non potendo interferire coi soggetti gestori essi vengono informati a cose fatte, cioè nel momento in cui lo Stato materialmente “consegna” alla custodia dei soggetti gestori i migranti, perciò nessun Sindaco può impedire in nessun modo che nel proprio comune arrivino i migranti. Se in alcuni Comuni i migranti non sono arrivati, o sono in numero scarso, non è quindi ‘merito’ di nessuno, se non del fatto che evidentemente non vi era l’interesse dei soggetti gestori o di chi affitta abitazioni ai gestori stessi
Detto questo, è ovvio che il sistema può essere migliorato, anche in previsione del fatto che il flusso di migranti non è certo destinato a calare.
Ecco i punti sui quali a mio avviso, oltre a un maggiore impegno nel far sì che si facciano carico del problema tutti gli stati europei, c’è da lavorare:
– La riduzione dei tempi di attesa per la risposta sulla concessione, o meno, del diritto di asilo. Un tempo di 12 mesi, che poi rischiano di diventare 18 col ricorso, è troppo lungo. Proprio tale lentezza, a fronte di nuovi arrivi, può saturare il sistema e costringere quindi a soluzioni di impatto maggiore e meno semplici da gestire (es: le tendopoli o l’uso di strutture di grandi dimensioni). La verifica della sussistenza delle richieste deve avvenire con tempi più celeri
– Garantire, per quanto possibile, un ruolo di coinvolgimento maggiore dei Sindaci (senza però che essi ne possano fare un uso demagogico) nella gestione delle situazioni locali contenendo allo stesso tempo con ogni strumento possibile il carico ‘indiretto’ che in qualche modo viene a cadere sulle amministrazioni (quello di cui Agnelli ha parlato nell’intervista a Rete 4) e quindi sulle nostre comunità
– Inserire una qualche forma di controllo sull’operato dei soggetti che si occupano dell’accoglienza: c’è chi lavora bene, utilizzando i famosi 35 euro giornalieri a migrante in modo corretto, ma senza controlli i furbi hanno mano libera nel potersi tenere il ‘bottino’ senza spenderlo per tutto ciò che serve all’accoglienza
– Chiarire la dimensione del lavoro. Per sei mesi i richiedenti asilo non possono cercare lavoro. Poi, se non hanno ancora ricevuto una risposta dalla commissione che deve decidere se possono restare in Italia o meno, possono farlo. Nel frattempo in alcuni casi gestori e comuni si sono accordati per far svolgere gratuitamente mansioni di utilità pubblica ai migranti, tanto per non tenerli con le mani in mano; ciò però è un palliativo di scarsa utilità. Va considerato inoltre l’effetto sul mercato del lavoro, già fortemente compromesso da anni di crisi e di riforme discutibili
– Chiarire meglio il destino di chi riceve un rifiuto. Una volta che si arriva al Sì o al No il soggetto gestore non ha più la responsabilità dell’accoglienza dei migranti. A quel punto cosa succede? Se non si chiarisce questo si rischia, nel giro di qualche mese, di ritrovarsi con una ‘bolla’ fatta di persone che hanno ricevuto un No, sono in Italia, se ne devono andare, ma non sono più sotto la tutela di nessuno