Ben ritrovati su L’Euroscettico, la rubrica di Valdichiana Oggi che annusa gli Europei di calcio, ma non ha il fiuto di Joachim Löw (che d’ora in poi chiamerò ‘Giovacchino Lew‘). Ieri sera l’Italia è uscita dal torneo perdendo ai calci di rigore (5-6) contro la Germania. E mentre milioni di italiani ‘speravano’ nel quarto miracolo degli apostoli di Sant’Antonio Conte, Giovacchino Lew – il c.t. segugio tedesco – aveva già annusato la possibile vittoria teutonica dopo settant’anni.
Gli ambienti vicini alla Germania fanno sapere che Giovacchino – chiuso dentro lo spogliatoio insieme ai suoi giocatori prima della partita – abbia detto: “ragazzi, sento odore di vittoria!”. Alla fine la vittoria è arrivata, ma Schweinsteiger e compagni si stanno ancora domandando se quell’odore sentito dal mister fosse veramente di vittoria e non di… Sconfitta, mettiamola così.
I tedeschi, sempre perdenti contro l’Italia fin dalla notte dei tempi, anche ieri sera le hanno provate di tutte per far vincere gli azzurri. Ma non ci sono riusciti: il fiuto di Giovacchino è stato davvero infallibile.
Ecco la mia dettagliatissima analisi della sconfitta azzurra.
Primo tempo di sostanziale equilibrio, possesso palla tedesco e Italia pronta a ripartire con contropiedi sovietici. Al 43′ Sturaro vicino al gol. Avete capito bene: stava per fare gol Stefano Sturaro, uno dei fedelissimi del Messia Antonio Conte. Tutto sommato, primi 45 minuti più che dignitosi. (Giovacchino annusa meglio: ancora odore di vittoria).
Il secondo tempo si apre con un miracolo di Florenzi: il “bello de nonna” s’immola e di tacco respinge un tiro tedesco. Peccato che dieci minuti dopo i miracoli (e le belle speranze) vanno a farsi friggere: Ozil – un fantasma fino a quel momento – porta in vantaggio i suoi. (Giovacchino non ha dubbi: c’è odore di vittoria).
Ma l’Italia non può perdere contro la Germania, lo dice la storia. E’ scritto nelle stelle. E Jerome Boateng lo sa perfettamente. Infatti, a quindici minuti dallo scadere, il centralone – cognato di Melissa Satta – s’improvvisa pallavolista nella sua area di rigore. E’ un muro in piena regola: Jerome sembra Gigi Mastrangelo. Rigore netto. Bonucci se ne incarica, trasforma, e consiglia a tutto lo stadio di Bordeaux di sciacquarsi la bocca. Bravo Leo, l’igiene orale è importante. (Giovacchino annusa nervosamente: c’è un odore strano adesso).
Un odore stranissimo, come se De Sciglio potesse riuscire a far gol a due minuti dalla fine. No, impossibile. De Sciglio non è Maldini! Si va ai supplementari: noiosi e prevedibili, stanchi e affaticati. (Giovacchino annusa disperato: c’è puzza di… calci di rigore).
Eccoli, i calci di rigore. Dove la squadra non conta, contano i singoli. E l’Italia più scarsa degli ultimi 150 anni ce l’ha scarsi, i singoli. Dall’altra parte una Germania pronta a tutto pur di regalare l’ennesima vittoria agli eterni rivali.
Zaza, in modalità jihadista, spara il terzo rigore in curva uccidendo un paio di tifosi. Subito dopo tocca a Muller, che cerca di tirare più lentamente possibile con il piattone: Buffon para, ovvio. Dopo la realizzazione di Barzagli, ecco Ozil: il fantasma dell’opera colpisce il palo, riportando tutto alla normalità (ovvero Germania perdente). Sembrava tutto fatto, ma ecco che arriva Pellè: gesto del cucchiaio a Neuer – come se fosse all’oratorio – e palla fuori di molto a lato (sempre come all’oratorio).
Tutto il resto è Neuer (no, non ho detto gioia): parati i rigori di Bonucci e Darmian, mentre nel frattempo Schweinsteiger spara in curva per vendicarsi di Zaza. Gli altri segnano tutti, anche De Sciglio. (Giovacchino annusa per l’ultima volta: è proprio odore di vittoria).
In semifinale ci va la Germania. Sant’Antonio Conte e discepoli tornano a casa, piangendo. Come hanno fatto i tedeschi per settant’anni, del resto.
Questa rubrica, invece, non se ne va: continuerò a raccontarvi altre partite per un’altra settimana, fino alla finale del 10 luglio. Sempre con il solito, inconfondibile, euroscetticismo.