Avendo fatto per tanti lunghi anni vita di partito, già mi immagino come dalle prossime ore inizierà una discussione massacrante e snervante all’interno del Pd. Lo dico perché ricordo bene le sere passate a valutare le sconfitte all’interno degli organismi del PCI. Ricomincerà insomma un’attività dialettica fatta molto spesso di “io l’avevo detto” “io lo sapevo” “ora bisogna cambiare” “così non si può andare avanti”. Sarà così anche questa volta?
E soprattutto servirà a qualcosa? Mi auguro francamente di si e che non si tratti invece dell’ennesimo teatrino della politica. Lo dico da persona di sinistra che non ha mai votato Pd e che non ha previsione di farlo in futuro ma che tuttavia non gioisce per questa bruciante sconfitta. Dire se la sono cercata appare perfino scontato e comunque non risolve i problemi. Il punto è allora un altro ed è quello relativo alle scelte che il Pd ma anche chi si colloca alla sua sinistra debbono fare. Io non chiedo passi indietro a nessuno, quello semmai appartiene alla sensibilità politica dei singoli, chiedo invece che ci sia chiarezza su strategie e politiche di programma. Parto dicendo che occorre capire se la sinistra Pd intenda imporsi con forza per una inversione di marcia sulle politiche dei diritti sul lavoro, sul welfare, sui diritti civili e su quelle che sono (dovrebbero essere) in definitiva le ambizioni del centro sinistra. Usando esemplificazioni dico che la scelta tra Marchionne e Landini non è un optional perché sottintende un diverso e per molti versi antitetico modo di interpretare i diritti e lo sviluppo. Le modifiche costituzionali non si fanno a colpi di maggioranza e contro qualcuno perché la Costituzione è di tutti e per tutti. Non si accusa di conservatorismo chi difende lo stato sociale e la Costituzione perché non è riformando in peggio che si è innovatori democratici. Le politiche di sviluppo sostenibile non sono da deridere perché ormai sono, nel mondo, patrimonio di molti governi anche conservatori. Chi fa osservare che non è vero che “tutto va bene Madama la Marchesa” non è un gufo da spennare con un qualche lanciafiamme bensì un interlocutore che intende dire la sua. Non si fanno riforme pensionistiche pensando di prendere due piccioni con una fava, creando consenso ed aiutando le banche. Mi pare che queste siano considerazioni che non appartengono al medio evo della politica, ad un modo vetero comunista di intendere il confronto e la dialettica politica ma siano semplicemente ovvietà che qualsiasi persona che si dichiara anche timidamente rivolta a sinistra dovrebbe avere ben presenti. Non sono mai stato tra quelli che amano buttar via il bambino con l’acqua sporca e quindi anche in questa occasione il dialogo deve a mio avviso ripartire (se qualcuno è interessato come spero a farlo ripartire) sulla chiarezza delle cose, su basi programmatiche chiare e condivise. Poi ci sarà il problema di chi dovrà portarle avanti, del gruppo dirigente che dovrà assumersi l’onere di ricostruire sulle attuali macerie. Sarà necessario un rinnovamento ma non solo anagrafico, anzi gli avvenimenti di questi giorni ci dicono che ci sono nel mondo “ragazzi” come Sanders che possiedono una freschezza intellettuale molto superiore a ceri giovanotti e giovanotte nostrane. Ci sarà bisogno di gente che studi, che approfondisca, che recuperi un rapporto con la gente, con la parte produttiva del Paese e non con il parassitismo dei grossi pesci della finanza e delle banche. Gente giovane di testa, di cultura, di idee giovane come Giuliano Pisapia ad esempio.
Remo Rossi