Transeuropa è una piccola e vitale realtà editoriale indipendente dai nobili natali (nasce infatti nel segno di Pier Vittorio Tondelli) e dalla vocazione internazionale, come si evince già a partire dal nome prescelto, che mi è particolarmente cara sia per le collaborazioni che può vantare con alcuni dei più importanti intellettuali italiani ed europei del ‘900 (come René Girard, Gianni Vattimo, Slavoj Žižek, Romano Luperini), sia per avere svolto il ruolo di palestra per alcuni tra i più interessanti narratori del panorama letterario contemporaneo che da lì hanno poi spiccato il volo verso lidi editoriali prestigiosi e sia infine per il fatto di avere fissato, da pochi anni a questa parte, la propria sede in Toscana e precisamente a Massa.
Era da molto tempo che volevo parlare della produzione di questa casa editrice e l’occasione oggi mi viene data dalla pubblicazione nel loro catalogo di un testo letterario che tratta la tematica, purtroppo estremamente attuale, della violenza fisica e psicologica perpetrata contro le donne proprio nel luogo in cui dovrebbero essere più sicure, cioè tra le mura domestiche, da coloro che dicono di amarle, siano essi padri o mariti o compagni, e che avrebbero invece il dovere di proteggerle.
L’argomento viene troppo spesso trattato in maniera impropria, oscillando tra la sdilinquita retorica e il freddo taglio documentaristico. Stavolta invece l’autrice riesce brillantemente a dribblare entrambi questi eccessi e ci racconta una storia di sopraffazione e riscatto con uno stile delicato che, a mio modesto avviso, rappresenta il pregio maggiore del libro.
La narrazione si divide in due parti distinte e separate. Una pars destruens in cui la rappresentazione del male e della paura la fa da protagonista, insinuando nel lettore un sentimento di angoscia claustrofobica nei confronti della prigione materiale e spirituale entro la quale è costretta l’esistenza della protagonista e una pars construens nella quale si esplicita la sua rivincita o meglio sarebbe dire la sua rinascita a nuova vita, grazie soprattutto all’amico pittore Renè al quale evidentemente si deve anche il bel titolo del volume che è un chiaro riferimento all’omonimo quadro del grande Magritte (che, non a caso, si chiamava anch’egli Renè).
Concludo riportando la sinossi dell’opera desunta dal sito di Transeuropa e augurandovi come sempre una buona lettura.
“Lei si chiama Anna ed è sposata con Alberto. Lui la ama. Le ricorda che è sua, che ha bisogno di lui: se solo lasciasse la presa Anna si sbriciolerebbe sull’asfalto dei suoi fallimenti.
Lui sa come metterla di fronte alle sue paure, ai suoi segreti inconfessabili, alle sue ansie strutturali.
Lo fa per lei. È bravo in questo e lei è brava a sua volta.
Anna è laureata in psicologia, ma ha un lavoro precario in un call center. Suo padre glielo rinfaccia sempre. Che quella laurea non le è servita a niente.
Al lavoro ci va volentieri. Se non ha lividi sulla faccia. Il più delle volte Alberto la risparmia e la prende a calci nello stomaco. L’importante per lei è che non si veda niente. Non è abituata a condividere il suo segreto nemmeno per nasconderlo. Nessuno deve immaginare la sua colpa, la sua vergogna”.