Oggi, per le quadre che hanno fatto la storia dello sport, parliamo di calcio, e più precisamente dell’anno 2010, quando una squadra di Milano, dalle tinte nerazzurre e allenata da un tecnico portoghese realizzò un’impresa che, fino a quel momento, in pochi erano riusciti a realizzare: il famigerato Triplete, ossia Campionato, Coppa Italia e Champion’s League.
Ma partiamo dall’anno prima, quando Josè Mourinho fu ingaggiato, come tecnico dell’Inter, per riportare la squadra nerazzurra ai vertici. Già con Mancini, allenatore negli anni precedenti, si era arrivati a notevoli traguardi, come il campionato vinto per più anni di fila, ma quello che mancava era il trionfo internazionale, o meglio, quello che mancava era quella sensazione di onnipotenza che, a livello internazionale, sembrava lontana anni luce, ma con lo Special One che così si presentò alla sua prima conferenza stampa ” Io non sono un pirla “… quella sensazione di onnipotenza diventò realtà.
5 maggio 2010: la Coppa Italia fu una cavalcata trionfale, furono eliminate Livorno, Juve e Fiorentina, quest’ultima con un doppio 1 – 0, mentre in finale, all’Olimpico, con uno stadio quasi interamente giallorosso, Milito regala il primo trofeo stagionale contro una Roma che, probabilmente, sentiva troppo quella partita, con un Totti particolarmente nervoso, che, visto l’esito non felice del match, rifila un calcione da dietro a Balotelli, come segno di resa e frustrazione, facendosi buttare fuori.
16 maggio: al culmine di un campionato soffertissimo, all’ultima giornata i nerazzurri espugnano il campo di un Siena già retrocesso per 1 – 0, con segnatura decisiva ancora di Milito, rendendo vana la vittoria giallorossa, ancora loro i quasi eterni secondi di quegli anni, contro il Chievo. Fu un campionato a dir poco appassionante, con la Juventus di Ferrara che, all’inizio, sembrava doverla fare da padrone, ma che poi si qualificò a mala pena per l’Europa Legue; la principale avversaria fu, come avete potuto leggere, la Roma, anche se il Milan provò a dire la sua, nonostante uno 0 – 6 complessivo nei derby. Addirittura, alla vigilia della trentacinquesima giornata, la Roma si trovava davanti all’Inter per quello che sembrava un sogno, visto che anche nello scontro diretto la squadra giallorossa aveva avuto la meglio per 2 – 1, ma il sogno, per la banda di Ranieri, rimase tale, visto che il 25 aprile 2010, la Roma cadde inopinatamente in casa contro la Sampdoria, 1 – 2 con doppietta di Pazzini, spianando così la strada al trionfo nerazzurro. Nelle successive tre giornate non successe niente di eclatante, anche se la partita col Chievo procurò più di qualche brivido alle coronarie nerazzurre, e il 16 maggio 2010, come ricordato, fu completato il Doble, ma il Triplete era lì, dietro l’angolo.
22 maggio 2010: prima di arrivare alla serata del trionfo, bisogna tornare indietro di qualche mese: quello che sembrava un girone eliminatorio abbastanza semplice, con il Barcellona a farla da padrone, e con le altre due compagini, Dinamo Kiev e Rubin Kazan solo semplici comparse, si rivelò in realtà un girone abbastanza complicato, visto che la banda di Mourinho pareggiò le prime tre e la quarta partita sembrava segnare un passo d’addio molto prematuro, visto che contro la Dinamo Kiev dell’ex rossonero Schevchenko, a circa 5 minuti dalla fine, il risultato era di 1 – 0 a favore degli ucraini con rete proprio dell’ex grande rossonero. Ma cosa successe in quei 5 minuti i tifosi nerazzurri se lo ricordano benissimo: a onor del vero, buona parte del secondo tempo fu un arrembaggio, ma solo negli ultimi minuti la rimonta nerazzurra si compì, con le marcature di Milito e Sneijder. Successivamente, arrivò una sconfitta indolore con il Barcellona per 2 – 0 e la vittoria con il Rubin Kazan con lo stesso punteggio che sancì il passaggio del turno agli ottavi di finale. Ed è da qui, a mio parere, che inizia l’impresa nerazzurra. Agli ottavi di finale, avversari dei nerazzurri sono i londinesi del Chelsea, una delle ex squadre di Josè Mourinho: una partita sofferta all’andata, già decisa nel primo tempo, con i nerazzurri che vincono 2 – 1; Milito, pareggio di Kalou e rete decisiva di Cambiasso. Ma è il ritorno il vero capolavoro tattico di Mourinho: il Chelsea, raramente si rende pericoloso, e nel finale Eto’o, imbeccato da un lancio millimetrico di Sneijder, rende la vittoria un trionfo. Il successivo turno, contro il CSKA Mosca, è poco più che una formalità: un doppio 1 – 0 e la semifinale è lì e chi è l’avversario? Il Barcellona di Pep Guardiola. E adesso che si fa, come si ferma? Nella partita d’andata, dopo soli 8 minuti, i blaugrana passano in vantaggio con Pedro; a questo punto si teme il peggio, ma quel 2010 era davvero l’anno dell’Inter! Sneijder, Maicon e Milito rendono quella sera, quel 20 aprile 2010, un qualcosa di storico. Ma c’è ancora da giocare il ritorno e in Spagna credono alla ” Remuntada “. L’Inter controlla senza troppi patemi d’animo l’assalto del Barcellona, nonostante l’espulsione di Thiago Motta che lascia in 10 il team milanese per più di un’ora. Sterile la supremazia del Barcellona che trova il goal dell’ 1 – 0 solo all’ ottantaquattresimo con Piquè, ma l’assalto finale non dà il risultato sperato e, quindi, catalani e juventini (!) a fine partita vedranno gioire quel mattacchione di Mourinho sotto lo spicchio interista.
E a questo punto, la finale contro il Bayern Monaco al Bernabeu: potrà sembrare strano, ma questa partita fu poco più che una formalità: 2 – 0, doppietta di Milito e a distanza di 38 anni dalla sua ultima finale, l’Inter completa una stagione storica. Diciamo che la vera impresa era stata fatta col Barcellona, la finale vinta col Bayern fu la classica ciliegina sulla torta. E dopo quella finale, Mourinho dette l’addio, o forse solo un arrivederci, ai colori nerazzurri, forse rendendosi conto che oltre quello non si poteva arrivare.
Stefano Steve Bertini