abbiamo letto sul Nuovo Corriere del 5 dicembre scorso la risposta del Sindaco Brandi al consigliere Barboni circa delle differenze “sostanziali” tra l’impianto della Riso Scotti e quello in fase di progettazione a Castiglion Fiorentino.
L’importanza delle parole e della comunicazione è, in una società come la nostra, di vitale importanza per essere ritenuti credibili ed autorevoli. In questa risposa il Sindaco, laureato in filosofia, dimostra un’invidiabile proprietà di linguaggio ma una meno solida conoscenza delle leggi italiane e delle tecnologie disponibili per l’incenerimento (ma ad un filosofo è ovviamente consentito sbagliare su questi problemi). Il tema dell’incenerimento meriterebbe una tavola rotonda con medici, ricercatori, produttori di impianti di incenerimento e amministratori virtuosi (so che Gianni Mori ne sta organizzando una molto interessante proprio a Castiglioni)
Nel breve è però necessario fare alcune considerazioni su leggi e tecnologie, ma senza andarci a dilungare sull’utilità degli impianti di incenerimento in sé.
La distinzione dei combustibili utilizzabili in una griglia vibrante (impianto di Castiglioni) e in una mobile (impianto Riso Scotti Energy) è la stessa che c’è tra un chilo di paglia e un chilo di ferro. La necessità di inserire questo tipo di tecnologia a Castiglioni è dettata solamente dal tipo di combustibile ipotizzato nel progetto: gli scarti agricoli hanno bisogno di griglia vibrante perché altrimenti si formerebbero scorie di grandi dimensioni (meglio che sia tutto polverizzato e poi respirato,giusto?). Gli svantaggi di questa tecnologia in termini ambientali sono però elevatissimi. Infatti la griglia vibrante rispetto alle altre tipologie di griglie presenta:
o Elevate emissioni di ceneri volatili causate dalle vibrazioni
o Maggiori emissioni di CO, a causa dei disturbi periodici indotti sul letto di combustibile
o Combustione incompleta delle ceneri per la difficoltà di controllare il trasporto di combustibile e ceneri
Interno del forno di un inceneritore a griglie
Entrambe le tipologie di impianti di incenerimento di biomasse possono essere facilmente essere convertite in impianti di incenerimento di rifiuti. Due casi su tutti:
o La Riso Scotti Energy è stata autorizzata nel 2003 a bruciare scarti vegetali e, con ulteriore autorizzazione nel febbraio 2006 anche rifiuti del settore tessile e rifiuti che sarebbero potuti essere oggetto di raccolta differenziata.
o L’impianto di Scarlino (GR) che è passato dall’autorizzazione a bruciare dei “purissimi” scarti legnosi e agricoli nel 1996 ad avere un’autorizzazione a bruciare rifiuti urbani (CDR) nel 2006 con una procedura semplificata.
In generale i casi di impianti che nascono a biomasse e poi si trasformano in impianti di incenerimento di rifiuti sono numerosi perché, solo in Italia contrariamente agli altri paesi EU, la legislazione non fa differenza tra l’incenerimento di rifiuti urbani e materiale biodegradabile (anche le biomasse della Riso Scotti erano tracciate, eppure…). Gli incentivi pubblici vengono dati in modo indifferenziato sia per l’uno che per l’altro combustibile perché da noi vengono entrambi considerati rinnovabili. In risposta a questa “distorsione normativa comunitaria” l’unione europea si è chiaramente espressa nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 27.3.2004 senza però trovare nessuno che si sia impegnato ad adeguarsi e quindi fioccano le procedure di infrazione nei confronti chi ha autorizzato impianti che stanno avvelenando l’ambiente, su tutti l’impianto di Brescia.
Se il Signor Sindaco non si fida di quello che diciamo si senta pure libero di chiedere una consulenza al collega di Gussing.
Comitato Tutela di Cortona
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