Aldilà dello sconcerto e sconforto provato nell’apprendere della morte di David Bowie non ho potuto evitare di riassociarlo, per l’ennesima volta, a un piacevole ricordo d’infanzia. Infanzia cortonese, ovviamente tutta anni ’80, in cui non sono certo mancate le “cene fuori” coi genitori nei vari ristoranti (molti meno di adesso) del centro storico. Fra essi ce n’era uno che mi affascinava particolarmente.
Non tanto per la cucina (comunque ottima), ma per l’arredamento. O meglio, per le mega-foto che stavano appese alle pareti, isiprate dalla evidentemente forte passione musicale del proprietario e chef
Sul luogo dove ora sorge il “Fufluns” all’epoca c’era infatti la mitologica pizzeria “Zerolandia“.
Il nome, se siete un minimo coscienti sul fronte musicale, vi evocherà sicuramente qualcosa. Sì, perchè Zerolandia è il titolo di un album di Renato Zero pubblicato nel 1978. Tanto per intenderci è il disco in cui figura un classicone come Triangolo
Alle pareti della Zerolandia c’era quindi “appeso” in tutte le salse Renato Zero, uomo-simbolo di un certo pop trasgressivo italiano allora straordinariamente in voga, ma c’era anche David Bowie che, in fin dei conti, per Zero era una sorta di padre spirituale.
Quelle gigantografie di Bowie sparse in giro per il locale ancora me le ricordo e mi restano indelebilmente impressi nella mente i look variopinti, le acconciature fantasiose, il trucco sul viso, gli occhi di due differenti colori che guardavo con un misto di ammirazione e incredulità, chiedendo ai genitori maggiori info su quello strano soggettone. E’ stato così che sono ‘incocciato’ nell’icona-Bowie che ho poi iniziato a conoscere con i primi rudimenti impartiti da mia mamma e gli approfondimenti di mio cugino Alessandro
Se Firenze può vantare di essere stata la sede del matrimonio di Bowie con Iman, se la Garfagnana lo ha visto suo ospite durante le riprese dell’agghiacciante pseudo-western “Il mio West” anche Cortona, quindi, di qualcosa può vantarsi…di aver avuto la mitica Zerolandia, un luogo di culto consacrato a Renato Zero, ma anche al grande Duca Bianco