Mi è già capitato in questa rubrica di fare un passo indietro nel tempo per parlare di libri che, a mio giudizio, non avevano avuto l’attenzione che meritavano da pubblico e critica. Questa volta di passi indietro voglio farne molti, infatti il libro che vi propongo è “Il Quinto Evangelio” di Mario Pomilio, pubblicato per la prima volta ben quaranta anni fa e da poco riproposto da L’Orma Editore con un’operazione di recupero culturale che personalmente ritengo alquanto meritoria.
Si tratta (e qui non sono solo ad affermarlo) di uno dei grandi romanzi del Novecento, un testo nel quale è possibile ritrovare contenuti narrativi e poetici di grande rilievo, ma anche forti richiami storici, filosofici e spirituali.
Fu un romanzo sfortunato, in parte perché oscurato da capolavori di grandi scrittori coevi più noti e forse anche più supportati dalla critica ufficiale, come Pasolini, Manganelli e D’Arrigo, solo per fare qualche esempio, e in parte perché scontò un pregiudizio anticattolico, particolarmente forte in quegli anni in alcuni salotti culturali italiani imbevuti di ideologismo che amavano dividere il panorama letterario in categorie sterili come quelle relative a conservatori e progressisti.
E’ appena il caso di notare che nulla è nemico della poesia come il rinchiudersi entro i confini ristretti di una visione del mondo univoca, che l’unico criterio accettabile quando si parla di arte è la bellezza e la profondità del messaggio e che infine il lascito maggiore della cultura dovrebbe essere l’ampiezza di vedute verso tutte le direzioni.
In effetti, comunque, non si può negare che il substrato concettuale dell’opera sia indubbiamente imbevuto di cristianesimo (e non potrebbe essere altrimenti, dato il profilo intellettuale dell’autore e il tema prescelto nel volume), ma ciò che allora molti non capirono è il messaggio universale nascosto in queste pagine e che rimanda alla ricerca umana del senso della vita, tema che con ogni evidenza attiene alla letteratura di ogni tempo, di ispirazione sia laica che religiosa. Prova ne è che, rileggendole oggi, non solo non hanno perso nulla del loro fascino letterario, ma anzi hanno guadagnato molto nella capacità di descrivere il disorientamento spirituale e culturale dell’uomo moderno.
La trama è estremamente complessa ed avvincente, tanto da essere difficilmente riassumibile, mi limiterò pertanto a darne un accenno, avvertendo il lettore che la narrazione si dipana in molte direzioni e che ognuna di esse diviene foriera di scoperte affascinanti che riguardano il rapporto tra l’uomo e il divino, ma soprattutto tra l’uomo, il suo intelletto e la sua anima.
Siamo in Germania, precisamente a Colonia, nel 1945, dentro una chiesa semidistrutta dai bombardamenti. Peter Bergin, un giovane ufficiale americano, scopre alcuni documenti che parlano dell’esistenza di un vangelo inedito e decide di scommettere tutta la propria vita nella ricerca di esso. Per farlo, dovrà ripercorrere la complessa e frastagliata storia del cristianesimo, confrontandosi con le illusioni, i contrasti e perfino le eresie che la compongono, fino a trovare una risposta che forse non era proprio quella che cercava…
Buona lettura.