Mi sembra persino grottesco dovere spiegare al signor Serafini, che mi dicono portavoce del Pd di Castiglion Fiorentino, che gli editori, dal comunista Giulio Einaudi ai tanti che pubblicano cataloghi d’arte, fanno cultura e promuovono la conoscenza, nonostante appartengano a un sistema industriale che prevede – apriti cielo ! – la vendita dei libri.
Chiamare «bufala» la presentazione di un libro, chiunque l’abbia scritto, e dunque anche Caselli, Zagrebelsky,Eco, Veltroni, in una serata conviviale, cara o meno cara che sia la cena, è una strana interpretazione di un rito consolidato che ha la finalità di diffondere e – perchè no ? – vendere un libro. Non capisco cosa ci sia di male.
Che poi un libro miscellaneo, che riguadra una grande mostra, visitata e apprezzata dal Presidente del Consiglio Renzi, e dal ministro dei beni culturali Franceschini, esponenti di spicco dello stesso partito di cui Serafini è portavoce, abbia copertine personalizzate, non mi sembra una cosa negativa nè riprovevole, più di quanto non sia, per un portavoce, l’assoluta astinenza da grammatica e sintassi, con soggetti al singolare e verbi al plurale.
D’altra parte, chi ha l’impudicizia di chiamare «informe accozzaglia» un florilegio di capolavori dell’arte italiana, ignorando i milioni di euro buttati, anche dalla Regione Toscana, per penose trovate allestitive e sensori olfattivi dei prodotti della terra, contribuisce soltanto a infangare la propria parte politica, e anche un valoroso imprenditore come Farinetti, che ha speso soldi suoi per mostrare a 700 mila persone quale sia l’importanza del nostro patrimonio artistico, Bartolomeo della Gatta incluso.
Comunque, non si capisce perchè il “San Francesco” di Bartolomeo della Gatta non sarebbe dovuto andare all’Expo ma alle Gallerie dell’Accademia di Firenze sì.
Considerazione veramente scoordinata, o forse motivata da fini personali e contraddetta dal grande successo della mostra, di cui il catalogo, semplicemente, conserverà memoria.
E acquistarne alcune copie non mi sembra una proposta indecente, ma una bella e onesta testimonianza di un avvenimento raro.
Vittorio Sgarbi