Ma ce ne fossero, davvero, di giornalisti così. Che non perdono di vista l’ambizione di essere anche qualcosa d’altro, di andare oltre il tran tran quotidiano delle begucce di redazione, evitando di vivacchiare col commentuccio alla notizia del giorno, non abbassando il capo sulle piccolezze del presente e non dimenticando sia il passato che, sopratutto, il futuro.
Ma d’altronde il destino della classe giornalistica italiana pare essere lo stesso del paese che la ospita: pervaso da una depressione che potremmo ormai considerare eterna, abituato alla rinuncia, a lasciar da parte ogni slancio, a richiudersi sul già fatto o sul sempliciotto e vergognandosi della sua stessa secolare essenza. Come se l’Italia del passato, quella che ha fatto la storia, fosse qualcosa che non ci appartiene o che non meritiamo di considerare nostra
Averne anche di analisti poltici così. Che vanno oltre il tweet o la leccatina cerchiobottista, si pongono domande, mettono insieme i tanti pezzi del puzzle, non si fanno prendere in giro. Non tirano conclusioni saccenti, ma aborrendo la faziosità ci fanno notare quello che cambia giorno per giorno sotto i nostri occhi, senza che noi ce ne rendiamo conto
E averne perfino di monologhisti teatrali così.
Sì perchè Marcello Veneziani, ieri sera al Teatro Spina di Castiglion Fiorentino con la sua ‘Serata italiana’ (“un comizio d’amore per il nostro paese“) è stata una sorpresa. L’obiettivo prefisso, trovare un modo di presentare un libro (“Lettera agli italiani“) in una maniera differente, non banale e sopratutto non stantia è stato pienamente centrato. E Veneziani è riuscito a rimanere fedele a sè stesso, anzi, è andato oltre sè stesso e ha aggiunto un successo in più al suo curriculum
I monologhi di Veneziani sono pungenti, ironici, illuminanti come pungente è sempre stata la sua penna. Ed è per questo che lo spettacolo di ieri è stato bello, ma “Lettera agli italiani” è tutto da leggere. Anche perchè è un libro positivo, costruttivo, perfino ottimista anche se parla di una sorta di dead man walking quale da tempo immemore è l’Italia. Riuscire a fare un comizio (io, anzi, lo definirei un pamphlet) senza sfociare nella retorica, nel ricamo dell’ovvio, nel moralismo o nella predica cinica non era facile.
Complimenti davvero