Lo studio dell’Organizzazione mondiale della Sanità sul consumo di carne rossa e carni lavorate reso noto ieri ha provocato una vera esplosione di commenti, teorie, illazioni, talvolta pure disperazione ed allarmismo. Per i tanti che sostengono che la carne non sia un alimento così salutare come si crede la notizia suona come una conferma di quanto da tempo si andava dicendo. Ma che è successo davvero? Cosa dice lo studio? Potrebbe essere una catastrofe per i tanti allevatori, specialmente in una vallata come la nostra che sulla razza chianina ha fondato una parte significativa della sua notorietà e della sua economia?
Prima di tutto va detto che le carni prese in considerazione sono state quelle rosse (manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo, capra) e quelle lavorate (trattate con salatura, stagionatura, fermentazione e affumicazione; ad esempio wurstel, prosciutti, salsicce e pancetta) e la classificazione dell’OMS è stata differente. Le carni rosse sono state classificate nel gruppo 2A, cioè ‘probabilmente cancerogeno per gli umani‘ mentre le carni lavorate sono state introdotte nel gruppo 1, che elimina il condizionale e li classifica tali alimenti come ‘cancerogeni‘.
Pur in presenza di elementi sospetti, l’Oms afferma quindi che non vi sono dati in grado di garantire con assoluta certezza che le carni rosse aumentino il rischio di tumori: i casi riscontrati potrebbero essere dipesi anche da altri fattori
Se si esaminano le stime del Global Burden of Disease Projec si nota poi che vi è una proporzione ben diversa rispetto agli agenti che da tempo consideriamo cancerogeni, i quali hanno sicuramente un effetto più incisivo: si parla infatti di 34 mila morti per cancro che seguivano una dieta con elevato consumo di carni lavorate, 50mila che si cibavano in ampia quantità di carni rosse da confrontare con un milione di morti per cancro che fumavano, 600 mila che consumavano alcool e 200 mila che si trovavano esposti a un alto tasso di inquinamento dell’aria.
Le conclusioni alle quali arriva l’Oms, comunque, sono che il consumo quotidiano di 50 grammi di carni lavorate può aumentare del 18% il rischio che compaia un cancro al colon-retto, mentre con 100 grammi di carni rosse il rischio aumenta del 17%. Non vi è comunque stato, da parte dell’Oms, alcun esplicito invito a non consumare più carne rossa e, trattandosi di rilevamenti statistici, è ovvio che le conclusioni siano generali.
Solo successivi, più approfonditi e specifici studi potranno chiarire meglio tanti aspetti. I distinguo da fare sarebbero infatti tantissimi e ciò riguarda anche direttamente la chianina così come viene allevata da noi: le carni sono infatti tante e di tanti tipi, vengono allevate con metodologie assai differenti e, soprattutto, la qualità cambia molto