Ricordo che durante una delle sue seguitissime lezioni il prof. Fabrizio Fabbrini, docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Beato Gregorio X di Arezzo, paragonò il procedere della Chiesa lungo il cammino della storia a quello dell’elefante, lo definì infatti ‘un procedere pachidermico’ questo aggettivo significa sostanzialmente lento, sicuro, possente e inarrestabile.
In questi ultimi tempi ripenso spesso a questa felice espressione , soprattutto quando mi imbatto in discorsi o scritti che cercano di interpretare la direzione che sta imprimendo papa Francesco alla Chiesa del terzo millennio. Tutti, sia coloro che nei decenni passati rivolgevano lo sguardo alla riva destra del Tevere giusto ‘ad ogni morte di papa ‘, sia quelli che hanno sempre camminato allineati nell’ortodossia cattolica esprimono giudizi, critiche, elogi ma anche battute, talvolta di cattivo gusto, nei confronti di papa Francesco. E’ questo segno evidente di una popolarità universalmente riconosciuta all’attuale Vicario di Cristo ma talvolta anche frutto di pensieri affrettati e un po’ superficiali. Sulla questione, che è assai spinosa, vorrei proporre ai gentili e attenti lettori di Valdichianaoggi una riflessione che spero possa fornire a riguardo una chiave interpretativa senza ricorrere a estremismi o, peggio ancora, a luoghi comuni.
Se guardiamo ai pontefici degli ultimi 170 anni possiamo notare una curiosa ma puntuale alternanza tra i cosiddetti papi progressisti e papi conservatori, così è stato per esempio tra l’ultimo papa-re Pio IX (1846-1878) quello del dogma sull’infallibilità papale, del ‘sillabo’ e del “non expedit” che di fatto delegittimava gli uomini al potere nella neo-nata Italia liberale e il suo successore Leone XIII (1878-1903) che invece, con la prima enciclica sociale Rerum Novarum, spinse la Chiesa ad affrontare le sfide della modernità.
Questa alternanza è continuata, come si può verificare, nella successione dei pontefici fino a giungere ai nostri giorni, pensate a Giovanni XXIII (1958-1963) e alle sue grandi aperture dall’Europa dell’ est all’ Oriente, al Concilio Vaticano II e paragonatelo al suo successore Paolo VI (1963-1978) dal carattere riservato, a volte sofferto, e la sua tendenza alla moderazione. Per chiudere questa breve carrellata cito gli ultimi due successori di Pietro, entrambi viventi, Papa (emerito) Benedetto XVI (2005-2013) ex Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, legatissimo alla tradizione che reintroduce anche nelle liturgie lasciando, a chi lo volesse, la possibilità di riutilizzare l’antico rito tridentino (Messa latino) e il suo successore Papa Francesco che sogna ‘una chiesa povera per i poveri’, guarda al mondo contemporaneo con lo sguardo di un prete di periferia convinto che “Nella vita cristiana e nella vita della Chiesa, ci sono strutture antiche, strutture caduche che è necessario rinnovare!”.
Come conclusione inviterei coloro che si sentono più vicini ad una chiesa progressista a cogliere il presente momento storico per riconoscere da una parte i grandi meriti di questo papa che riesce a parlare a tutti, anche ai lontani ma dall’altra a guardare con comprensione e senza pregiudizi al passato. Chi invece preferisce una chiesa conservatrice prenda con benevolenza la ‘rivoluzione’ di Bergoglio considerando che il primo non allineato della storia cristiana è stato proprio Gesù di Nazareth.
La Chiesa procede. Ora può sembrare lenta, domani un po’ più spedita, ma non si ferma, il suo passo è possente. Come quello dell’elefante.