Non andare a votare può essere una buona protesta contro la “casta”, che, difatti, è preoccupata dell’astensionismo, perché si sentirebbe delegittimata e quindi colpita da una proporzionale attenuazione del suo potere, ma è una pratica fortemente autolesionista, “tafazziana”, perché la rinuncia ad esprimere le proprie preferenze comporta necessariamente rimettersi a quelle altrui.
Se la maggior parte dei simpatizzanti di una certa idea politica non andassero a votare si troverebbero ad essere governati dall’idea opposta, questo soprattutto se gli astensionisti fossero governati attualmente dai partiti che li rappresentano, contro i quali pensano di sollevare una sentita protesta, finendo per peggiorare la situazione invece che migliorarla, inviando un messaggio di malcontento ai propri rappresentanti invece che votarli e cercar poi di migliorare col proprio lavoro i meccanismi rappresentativi interni.
Dire che si è stufi dei politici che si fanno solo gli affari loro e non andare a votare significa praticamente rinunciare al diritto primario alla democrazia e quindi aumentare piuttosto che diminuire la distanza della politica dai cittadini, cioè lavorare “contro” la democrazia.
Andate tutti a votare, altrimenti il consiglio regionale lo scelgo io e non so se sono in grado di farlo bene.