Cosa avviene se si prova a unire l’arte alla musica, anche questa forma di arte se fatta bene? Viene fuori MUSEICA. L’album di Caparezza non ha bisogno di ulteriori elogi, visto che oltre a riscuotere gli apprezzamenti concordi di critica e pubblico si è pure aggiudicato il premio Tenco, riconoscimento che ne certifica in via definitiva il valore e l’importanza. Ma d’altronde Museica è davvero un disco che potrebbe essere usato nelle lezioni di storia dell’arte insieme ai grandi manuali.
Una canzone su tutte, “Chinatown”, dovrebbe essere un mantra per i nostri giovani che si sono dimenticati la manualità e la bellezza di gesti quali prendere una penna in mano e mettersi a scrivere; scrivere appunti, pensieri, riflessioni e qualsiasi cosa ritenuta importante, senza lasciare che le nostre esperienze e le nostre emozioni vengano inghiottite da un diario interattivo come Facebook, senza lasciarne traccia nella nostra vita reale.
Il vero capolavoro dell’artista pugliese è però il tour. Ieri mi sono gustata la tappa perugina; è stato uno show ma anche una lezione, con le canzoni trasformate in un momento educativo. Interessante il fatto che anche i brani dei dischi precedenti sono stati trasformati in opera d’arte, ricollegati a determinati movimenti artistici. Fra le tante gemme dello spettacolo va sottolineata l’autoironia di Caparezza nel collegare il classicone “Fuori dal Tunnel” al movimento della pop-art, riconoscendo così a questa canzone il ruolo di spartiacque nella sua carriera artistica.
Caparezza ha creato quindi anche on stage un percorso museale certo un po’ stravagante, ma con un filo logico e un fine preciso; ogni forma di arte e ogni movimento viene analizzato con un linguaggio semplice, permettendoci di capire e percepire l’attualità di grandi geni del passato (uno ad esempio, Van Gogh).
Un percorso simile era stato già effettuato anche con il precedente album e tour “Il sogno eretico”, in cui si incontravano i grandi della politica e delle filosofia, inseriti nella società in cui viviamo e comparati all’attuale classe dirigente. L’uso dell’arte figurativa crea però stavolta un’emozione molto più intensa, tanto da sortire effetti avvicinabili alla sindrome di Stendhal, dando emozioni vere, non farlocche come quelle che provano i critici d’arte di fronte alle (finte) teste di Modigliani (altro brano azeccatissimo).
Il dilemma che resta, usciti dal concerto, è sul come riuscire a fare parte (inevitabilmente) della massa, cercando però di differenziarsi in meglio… ma come? In attesa di trovare una risposta vi consiglio di appuntare in agenda, oltre alla visita ad alcuni fondamentali musei italiani (perlomeno gli Uffizi, Capodimonte e i Capitolini) anche la “visita” al Museica Tour. Altrettando istruttiva e piacevole