Sto affrontando la settimana delle cene di Natale. La scelta quest’anno è andata sul “sì” a tutti. Il risultato è che da ormai una settimana e fino al 23 dicembre ho praticamente una cena ogni sera in luoghi diversi, con gente diversa. Ho anche un trucco per non arrivare al pranzo del 25 dicembre già saturo: devo giocare e la scusa è “no, grazie, purtroppo non posso mangiare questo genere di portata”.
Non so come sarò dopo l’Epifania, di sicuro so che guardando le tavolate delle altre cene sono comunque felice di fare il lavoro che faccio. Cinque cene degli auguri a cui non vorrei mai, mai, rimai, prendere parte.
- La palestra. La gabbia delle scimmie al Bioparco di Roma rende l’idea: specie variegate che si urlano da una parte all’altra del tavolo sperando in meno cellulite e più bicipiti
- I bancari. Sembra che abbiano allestito una sede distaccata degli sportelli. La commistione uomo-donna si sente eccome. Volano battute sul pecoreccio andante
- Gli orafi aretini. Mi prendo una licenza territoriale: sono loro, quelli che riusciranno a ordinare caviale e champagne da Gigi er Troione pagando in lingotti
- Le poste. Si sono invitati per telegramma e la serata finirà con una sterile discussione sulla posta prioritaria
- Gli incaricati. Sono quelli che dopo aver premiato il “the best of the year” riusciranno a vendersi qualcosa tra loro per i regali di natale in famiglia
Ho fatto un sogno: la cena degli auguri delle mie groupies. Tutte insieme a parlare di me, io tra loro, ma vestito da fantasma. Eccessi di egocentrismo per Natale. Auguri. Colonna sonora: My little corner of the world By Yo la tengo