Nel difficile periodo che stiamo vivendo, in cui il settore culturale è tra i più colpiti dalla crisi come dimostra lo stillicidio di chiusure di sale cinematografiche un po’ in tutto il Paese (per restare in ambito locale, ricordo la recente, dolorosa scomparsa dello storico cinema Eden di Arezzo), fa davvero piacere poter raccontare, per una volta, una storia a lieto fine.
E’ il caso del Cinema-Teatro Verdi di Monte San Savino, per il quale l’amministrazione comunale, come annunciato dalla comprensibilmente emozionata sindaca Margherita Scarpellini, ha deciso di compiere il grande salto acquistando un nuovo impianto per la proiezione digitale, garantendo così la prosecuzione dell’attività cinematografica accanto a quella teatrale ed offrendo alla popolazione della Valdichiana un punto di riferimento in più nell’ormai culturalmente impoverita realtà aretina.
Per celebrare degnamente il nuovo corso digitale (cominciato in realtà già da qualche settimana) con un’inaugurazione ufficiale, il Comune di Monte San Savino e Officine della Cultura hanno organizzato questa serata-evento invitando la regista e attrice romana Sabina Guzzanti a presentare il suo ultimo film La trattativa, primo appuntamento di un ciclo dedicato al cinema italiano.
Malgrado la febbre, l’autrice non ha rinunciato a presenziare all’evento, anzi: al termine della proiezione si è pure trattenuta a dialogare col pubblico (platea gremita) del delizioso Teatro Verdi per un’ora e mezza abbondante, soffermandosi su alcuni interessanti aspetti della lavorazione del film e riflettendo sull’attualità politica e sociale italiana, stimolata dalle domande dei presenti.
Frutto di una gestazione lunga quattro anni e caratterizzata da uno studio certosino di libri, documenti ed atti processuali, ma anche da difficoltà di ogni tipo e ripensamenti, La Trattativa, sesto lungometraggio di Sabina Guzzanti, è il coraggioso ed ambizioso tentativo di ricostruire un filo logico che aiuti a capire l’incredibile, sconcertante e labirintica vicenda dei rapporti tra lo Stato e la mafia durante i primi anni ’90 –argomento tornato prepotentemente d’attualità proprio in questi giorni-, anni drammatici caratterizzati dalla sanguinosa strategia stragista della mafia guidata da Totò Riina, che in quel periodo ha terrorizzato l’Italia intera riempiendola di bombe, salvo poi cessare di colpo le ostilità nel’94, pace coincisa con la cattura dell’allora capo di Cosa Nostra. Cosa ha prodotto questo nuovo equilibrio? Forse il raggiungimento di un accordo, frutto di una lunga trattativa, tra lo Stato e la mafia, come risulterebbe dalle testimonianze di alcuni pentiti e da varie prove emerse negli anni successivi, elementi che dimostrerebbero l’esistenza di interi settori “inquinati” della politica e delle istituzioni e che gettano comunque inquietanti ombre sul presente del nostro Paese? La Guzzanti ha realizzato il film con l’obiettivo preciso di porre questi interrogativi ed informare gli spettatori attenendosi rigorosamente ed esclusivamente a fatti solidamente provati e documentati, rendendosi quindi immune ad eventuali querele o tentativi di delegittimazione. Avvalendosi della collaborazione di un manipolo di ottimi attori teatrali siciliani, la regista ha deciso di raccontare questa intricata e terribile storia attraverso un film sperimentale in cui il materiale di repertorio -sia video che audio- si alterna senza soluzione di continuità alla finzione scenica, con gli attori (tra i quali la stessa Guzzanti, che comunque limita al minimo la propria presenza) impegnati a rievocare alcuni passaggi-chiave della vicenda aggiungendo ironia e pathos ad un copione rappresentato dalle carte processuali e dai verbali delle dichiarazioni dei pentiti; non un semplice documentario quindi, ma un interessante esperimento che mescola realtà e cinema, riuscendo così a trattare la materia in modo scorrevole e comprensibile; per sottolineare ironicamente (e realisticamente) l’impossibilità di distinguere nettamente i buoni dai cattivi in una storia così piena di buchi, depistaggi, reticenze e contraddizioni, alcuni degli attori –Sabina compresa- sono stati chiamati a recitare più ruoli distanti tra loro all’interno del film (lo stesso volto può impersonare sia un uomo di legge che un criminale), trasmettendo agli spettatori un profondo senso di disorientamento.
La trattativa rappresenta a mio giudizio il risultato migliore della pur ancor breve carriera registica di Sabina Guzzanti, un ottimo esempio di cinema di informazione e impegno civile, un film per sua stessa natura “maledetto” e probabilmente destinato –purtroppo- a infoltire la schiera delle opere “invisibili”, vista la materia scottante e scomoda di cui si occupa. Ad autorizzare tale pessimistica previsione, formulata dalla stessa Guzzanti (che ha definito “un miracolo” l’uscita del film) nel corso della chiacchierata seguita alla proiezione, bastano forse le enormi difficoltà produttive –non trovando un finanziatore l’autrice ha dovuto investire di persona nel progetto- e distributive cui il film è andato incontro. Tra i vari retroscena emersi durante l’incontro col pubblico, la Guzzanti si è lamentata della totale indifferenza –quando non ostilità- dei mezzi d’informazione verso il film e del vuoto che le ha fatto intorno il mondo dello spettacolo. Un ultima curiosità: il titolo La trattativa è stato imposto dalla distribuzione mentre l’autrice, trovandolo troppo generico, avrebbe voluto il più esplicito Lo stato-mafia.
articolo tratto da Corrieredellospettacolo.com